Periodicamente diventiamo tutti un po’ esperti di sismologia e geologia, districandoci tra articoli, opinionisti e tecnici e così vediamo carte del territorio nazionale e regionale in cui, tra colori e statistiche, ci ricordiamo che l’Italia è un territorio soggetto a terremoti.
Dal nord-est fino alla Sicilia, passando per l’Appennino umbro-marchigiano e il confine tra Campania e Basilicata; sono aree molto diverse tra loro, per paesaggio e cultura, in cui però le popolazioni ricordano, anche a distanza di poche generazioni, il giorno del “grande terremoto”.
Ad ogni evento si riaccendono i riflettori e si spera di non piangere morti e si comincia con i se e con i ma che accompagnano ogni tragedia, cercando di delineare il confine tra la previsione e la prevenzione del patrimonio di vite umane e di edifici, sia storici sia abitativi.
Il filo che collega ogni evento sismico molte volte è lasciato in ombra, preferendo la cronaca in tempo reale, per poi far tornare nell’oblio gli annali storici, quasi si voglia mettere da parte una realtà che tuttavia resta indelebile. Le attività umane, dopo il sisma, riprendono il loro corso e, se tutto va secondo i programmi, si ricostruisce ciò che è stato distrutto, però tale filo continua a persistere ed è ciò che dovrebbe essere ricordato a tutti coloro che vivono nei comuni ad alta sismicità, ricordando che siamo un paese “fragile” che da secoli deve affrontare eventi naturali imprevedibili ma prevenibili.
Gli storici sismici d’Italia (http://istituto.ingv.it/l-ingv/archivi-e-banche-dati/) raccontano storie ed eventi che la memoria collettiva non può facilmente ricordare; partendo addirittura II sec. A.C. per arrivare ai giorni nostri con una quantità di informazioni sempre maggiori e più dettagliate.
Consultandoli si scoprono terribili scuotimenti della terra, per circoscrivere l’analisi si può fare riferimento al solo centro Italia, in cui Umbria, Marche, Abruzzo e Lazio si confermano, oltre ai recenti fatti di cronaca, regioni di confine con le gradi faglie dell’Appennino, le quali spingono le rocce l’una sull’altra finché lo stress non rompe l’equilibrio, rilasciando l’energia accumulata, in pochi ma interminabili secondi, facendo perdere molte delle nostre certezze e la tranquillità.
Queste certezze sono state rotte molte volte, come si è detto, e tra le prime che l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) ci annota è datata 102 a.C. con epicentro a Norcia, sono cronache di monasteri o di storiografi che registrano ogni evento che colpisce la comunità, a volte mancando di dettagli su danni a cose e persone ma restando una testimonianza fondamentale per prendere coscienza del mondo in cui si vive.
Con i secoli le informazioni si arricchiscono di dettagli, con date e conteggio dei deceduti; il terribile evento del 1349 con una magnitudo (ovviamente ricalcolata sulla storia strumentale del luogo e sulla descrizione dei danni) di 7.6 Richter con almeno 2500 vittime, si ricorda anche l’evento del 1456 in cui si paventa la morte di 80.000 persone. Dall’autorevole testimonianza di Padre Andrea Bina, ripeso dagli studi di Mario Baratta, considerato il fondatore della sismologia storica italiana, si descrive il sisma del 1751 del centro Italia che ha provocato distruzione e morte in tutto il territorio.
Gli anni continuano a passare e gli eventi si succedono, con varie intensità ed epicentri, ma descrivendo ed accertando che questo pezzo d’Italia si continui a muovere indipendentemente da ogni attività umana, a volte in maniera disastrosa a volte meno ma costringendo ogni volta a ricostruire e riprendere la vita quotidiana.
Nell’epoca moderna gli strumenti ed i sistemi di comunicazione sempre più avanzati ci portano in prima linea, a farci seguire il dramma del terremoto, e con internet possiamo seguire anche le scosse minime, sotto la magnitudo 2.5 e 3 della scala Richter (di norma la scala minima per la percezione umana), contiamo centinaia di scosse in tutta Italia ogni giorno, a volte anche in poche ore.
All’arrivo del grande evento tutti i mezzi di comunicazione sembrano descrivere una storia nuova, che non centri nulla con quella precedente o peggio con quella che verrà. I media si riempiono di profeti i quali dicono che lo sapevano e tutti noi ci interroghiamo se avessero ragione o meno e, purtroppo, ci sorprendiamo ancora una volta di un evento che “abita” questi luoghi da molto più tempo di noi.
Esiste sempre il rischio di essere retorici in questi terribili momenti ma non si deve negare la verità oggettiva, la forza della natura non è placabile o calcolabile ma è necessario saperla arginare con misure di prevenzione concrete, soprattutto nei borghi storici i quali, per l’età di costruzione, sono a maggior rischio e preparare ogni nuova abitazione ad affrontare un evento che presto o tardi colpirà il nostro sottosuolo.
Alcuni citano il Giappone chiedendosi come mai loro siano così preparati ed l’Italia non è in grado di agire preventivamente, la risposta la fornisce il Prof. Yoshiteru Murosaki, professore d’ingegneria dell’Università di Kyoto, nelle pagine del Corriere della Sera del 31/08/2016 il quale afferma: “Ho l’impressione che in Italia… una vera cultura della prevenzione a livello del cittadino comune sia ancora piuttosto carente. Certo, il vostro Paese ha un patrimonio edilizio molto più antico del nostro, e dunque non è agevole adattarlo alle necessità del presente. Però è indispensabile che le autorità, a ogni livello, vigilino perché le regole antisismiche siano rispettate rigorosamente: è questa l’unica strada per salvare, un domani, il maggior numero di vite umane. E anche di edifici”.
Gli elementi sono chiari e inconfutabili, in Italia dobbiamo vivere con la consapevolezza che il sisma lo possiamo avvertire in qualunque momento, e per questo dobbiamo essere preparati, non solo a soccorrere, con la macchina della protezione civile, ma essere coscienziosi nella modalità di costruzione di nuovi edifici, i quali siano adatti al luogo in cui vengono edificati ed investire meglio sul patrimonio degli edifici storici o le case più antiche per fare il possibile per tenerle in sicurezza. Interventi alla capacità elastica dell’edificio, l’alleggerimento del tetto o dei solai e molti alti interventi i quali, anche se minimi, possono essere in grado di lasciare il tempo a chi si trova all’interno di fuggire; perché è vero che, come si fa da secoli quello che crolla verrà ricostruito, ma non si deve correre il rischio di far perdere la vita ad un essere umano, perché quella può essere solo compianta.
Riccardo Barletta – Nato a Trani, in Puglia, nel 1984 e nel 2003 trasferito in Toscana per studiare geologia presso l’ateneo di Siena. Studi e lavori nell’ambito della geologia e dell’ambiente con l’attenzione a sensibilizzare e far conoscere il territorio italiano.