Privacy Policy La Custodia Francescana di Terra Santa: lineamenti storici tra Medioevo ed età moderna
Andrea Maiarelli Vol. 10, n. 1 (2018) Culture

La Custodia Francescana di Terra Santa: lineamenti storici tra Medioevo ed età moderna

Vista del Santo Sepolcro di Gerusalemme
1 Il Santo Sepolcro a Gerusalemme

[1]

La presenza francescana in Terra Santa ebbe inizio, formalmente, nel 1217, quando, nel primo capitolo generale dei Frati Minori, svoltosi presso la Porziuncola, vennero istituite le prime undici province francescane, tra le quali quella di Terra Santa, detta anche di Siria, di Romània o Ultramarina. Questa provincia era la più ampia di tutte, e comprendeva i territori bizantini, la Grecia con le isole dell’Egeo, Cipro, l’Asia Minore, la Siria, la Palestina, l’Egitto e tutto il Levante. La Provincia di Terra Santa, sia per la vastità del territorio sia per la presenza dei Luoghi Santi, fu considerata sempre con speciale riguardo. Era ritenuta, fin dall’inizio, la provincia più importante dell’Ordine. Per questo, forse, fu affidata alle cure di Frate Elia, figura eminente nella nascente fraternità, sia per il suo talento organizzativo sia per la sua ampia cultura.
Due anni più tardi, e quindi nel 1219, lo stesso Francesco d’Assisi si recò in Egitto, e da lì visitò almeno una parte della Provincia di Terra Santa; sono ben noti il suo passaggio a Damietta ed il suo incontro col sultano al-Malik al-Kāmil, nipote di Saladino[2]. A proposito di questo viaggio è famosa la testimonianza di Giacomo da Vitry, vescovo di S. Giovanni d’Acri, che scrisse:

Il maestro di questi frati, cioè il fondatore di questo Ordine si chiama frate Francesco: un uomo talmente amabile che è da tutti venerato, venuto presso il nostro esercito, acceso dallo zelo della fede, non ebbe timore di portarsi in mezzo all’esercito dei nostri nemici e per molti giorni predicò ai Saraceni la parola di Dio, ma senza molto frutto[3].

In quegli anni, tuttavia, la presenza francescana in Terra Santa cominciò a radicarsi con decisione. Il pontefice Gregorio IX, con la lettera Si Ordinis Fratrum Minorum del primo febbraio 1230[4], esortava i patriarchi di Antiochia e di Gerusalemme, i legati della Sede Apostolica, gli arcivescovi, i vescovi e tutti gli ecclesiastici di quei territori ad accogliere benevolmente i Frati Minori ed a permettere loro di edificare propri oratori e di predicare nelle loro diocesi e parrocchie; nel 1263, sotto il generalato di Bonaventura da Bagnoregio, il capitolo generale di Pisa circoscriveva la Provincia Ultramarina a Cipro, Siria, Libano e Palestina e la divideva in custodie, tra cui quella propria di Terra Santa, che comprendeva i conventi di Acri, Gerusalemme, Giaffa, Sidone, Tripoli e Antiochia. Nel secondo Duecento, quindi, i Frati Minori erano ben presenti e radicati in Terra Santa, anche se mescolati al resto del clero secolare e regolare cattolico e senza alcun preciso mandato inerente alla custodia dei luoghi santi.
Tutto cambiò col 1291 e la caduta di San Giovanni d’Acri, ultimo baluardo crociato in Oriente. Da quel momento, i luoghi santi della cristianità passarono sotto il pieno controllo mussulmano. Di lì a pochi anni, però, con l’aiuto diplomatico ed economico di alcune nazioni cristiane, sarebbero stati proprio i Francescani a divenire i protagonisti del graduale – e questa volta pacifico – recupero dei luoghi legati alla vita ed alla predicazione di Cristo. Già nei primi anni del Trecento, infatti, i Minori tornarono ad essere presenti in Terra Santa. Li troviamo documentati nel 1309 in un decreto del sultano d’Egitto Al-Muzaffar, nel quale vengono per la prima volta denominati ‘frati della corda’, nome che in seguito si sarebbe diffuso in tutto il Medio Oriente per intendere i francescani[5].
Poco più tardi, nel corso degli anni venti del Trecento, Giacomo II d’Aragona intraprese trattative col sultano al-Nāsir Muhammad per introdurre religiosi aragonesi a custodia della basilica del Santo Sepolcro, ottenendo, infine, che fosse tollerata la presenza nel luogo di alcuni frati francescani. È però attraverso i negoziati dei reali di Napoli Roberto d’Angiò e Sancia di Maiorca, con la collaborazione di p. Roger Garin della Provincia d’Aquitania, che si giunse ad ottenere dal medesimo sultano, probabilmente nel 1333, la stipula di un trattato con cui i Frati Minori venivano autorizzati a risiedere stabilmente nella città santa di Gerusalemme[6]. Tale trattato fu solennemente ratificato dalla Sede Apostolica il 21 novembre 1342, attraverso le bolle di Clemente VI Gratias agimus[7] e Nuper carissimae, con cui veniva giuridicamente istituita la Custodia di Terra Santa[8]. Da quella data, quindi, iniziò la vicenda storica della Custodia, ufficialmente riconosciuta dalla Sede Apostolica, dalle monarchie occidentali e, quel che contava maggiormente in loco, dai sultani d’Egitto. La sede centrale della Custodia fu collocata nel convento fatto costruire dai reali di Napoli sul luogo del Cenacolo, sul Monte Sion, ma i frati risiedevano anche presso il Santo Sepolcro e la basilica della Natività di Betlemme, ed officiavano, inoltre, la tomba della Vergine.
Nel 1375, dal convento di Betlemme, i Francescani passarono a funzionare anche la cosiddetta Grotta del Latte, situata nelle vicinanze di quella della Natività del Signore. Nel 1392, ottennero il diritto di officiare la Grotta del Gethsemani, collocata nella valle di Giosafat, a pochi metri dalla tomba della Madonna, e nel 1485 riadattarono al culto la Grotta della Natività di s. Giovanni Battista ad Ain Karem.
Circa la struttura istituzionale della Custodia, Clemente VI, nella citata bolla Gratias agimus, aveva disposto che i religiosi destinati alla Terra Santa avessero per superiore regolare il guardiano del convento del Monte Sion e poi il ministro provinciale di Terra Santa residente a Cipro; già gli statuti custodiali del 1377, però, sottraevano al ministro provinciale cipriota qualunque autorità sulla Custodia[9]. Su questa linea continuò a muoversi il capitolo generale di Losanna del 1414, che concedeva alla Custodia ulteriore ed ampia autonomia. Il suo superiore regolare, cioè il guardiano del Monte Sion o custode di Terra Santa, dal 1414 veniva eletto con mandato triennale direttamente dal capitolo generale[10].

Dominique Papety, "L'Assedio di Acri", in "Brieve histoire des Ordres Religieux", Chateau de Versailles, Editions Fragile, 1840 ca.
2 Dominique Papety, L’Assedio di Acri, 1840 ca.

 

Nel 1517, a seguito della divisione dell’Ordine francescano nei due distinti ordini dei Conventuali e degli Osservanti, operata da Leone X con la bolla Ite vos, la Custodia di Terra Santa entrò a far parte dell’Ordine dei Frati Minori simpliciter dicti, cioè degli Osservanti, e venne formalmente e pienamente equiparata alle altre province dell’Ordine, pur mantenendo la denominazione di Custodia[11]: «uno statuto del 1526 riconosceva nel Guardiano del Monte Sion in tutto e per tutto l’autorità di Ministro Provinciale nel regime e governo dei’ Conventi di Terra Santa»[12], estendendo la sua autorità alle case religiose di Beirut e Cipro. Nel nuovo assetto dell’Ordine, quindi, la Custodia aveva ormai acquisito il ruolo dell’omonima provincia di età crociata, ed estendeva, almeno formalmente, la propria giurisdizione su tutto il bacino orientale del Mediterraneo.
Il custode, che era anche guardiano del convento del Monte Sion, presiedeva il Discretorio custodiale, organo di governo equivalente al Definitorio delle altre province minoritiche, cui era tenuto a rivolgersi per la disamina di tutte le questioni di maggior rilievo[13]. Il Discretorio era composto dal custode, dal vicario, dal procuratore generale e da altri tre religiosi. La struttura di governo della Custodia venne però radicalmente riorganizzata dalle costituzioni promulgate dal pontefice Benedetto XIV col breve In supremo del 7 gennaio 1746[14]. Questa, in sintesi, la struttura di governo definita in quell’anno. Il custode, nominato dal Definitorio generale dell’Ordine e confermato dalla S. Congregazione de Propaganda Fide, rimaneva in carica tre anni ed aveva la doppia qualifica di superiore regolare e di prefetto delle missioni del Vicino Oriente; aveva il compito di visitare gli ospizi ed i conventi ed assieme al Discretorio nominava i guardiani, i presidenti, i parroci ed i viceprocuratori[15]. Il suo mandato passò da 3 a 6 anni col breve di Gregorio XVI In supremo episcopatus del 1841[16]. Il custode, come da antica tradizione, doveva sempre essere italiano. Il prestigio del custode di Terra Santa fu sempre cospicuo, sia in occidente, sia – e forse in misura ancor maggiore – nel monto ottomano. Pur dovendosi debitamente considerare l’ampollosità propria della prassi burocratica orientale, senz’altro colpisce leggere come in documenti turchi il custode di Terra Santa sia designato come «lo splendore della nazione di Gesù, il superiore del popolo della religione della Croce», la «gloria della sua nazione e (la gloria) del popolo di sua religione»[17].
La seconda autorità della Custodia era il vicario, che doveva essere di nazionalità francese, le cui prerogative di governo erano però di fatto piuttosto limitate, poiché in caso di assenza del custode le veci di questi non erano svolte dal vicario ma da un presidente custodiale eletto dal Discretorio[18]. Terza carica della Custodia, ma di fatto tanto rilevante da divenire quasi concorrente con lo stesso custode, fu il procuratore generale, sempre di nazionalità spagnola, cui spettava il compito di amministrare le finanze[19].
Il custode, il vicario ed il procuratore generale facevano parte del Discretorio, completato da altri quattro religiosi: un italiano ed un tedesco, nominati dal custode, un francese nominato dal vicario ed uno spagnolo nominato dal procuratore[20]. Il Discretorio rimaneva in carica tre anni, rinnovabili una sola volta, e si riuniva ordinariamente con cadenza settimanale[21].
Come è ben evidente, le costituzioni benedettine del 1746 tentavano di raggiungere un attento equilibrio tra le varie nazioni che concorrevano a sostenere la Custodia di Terra Santa, ed il ricorso all’istituzione di privilegi nazionali veniva esteso anche al governo di alcune case religiose:
Era concesso agli italiani, francesi e spagnoli il privilegio dei superiorati, a turno, del S. Sepolcro e di Betlemme.
Agli spagnoli erano attribuiti, in esclusiva, i superiorati dei conventi di S. Giovanni in Ain Karem, S. Pietro a Giaffa, S. Nicodemo in Ramleh, Bab Tuma in Damasco, S. Croce in Nicosia e dell’Ospizio di Costantinopoli[22].
Le costituzioni benedettine, con modestissimi aggiornamenti, sono rimaste in vigore fino agli anni settanta del ventesimo secolo[23], regolando la vita della Custodia nella fase di massima espansione. Questa istituzione, all’origine modestissima – le costituzioni del 1377 le assegnavano un massimo di 20 frati[24] –, si era infatti ben presto radicata ed aveva a mano a mano acquisito un ruolo assolutamente fondamentale nei rapporti tra Oriente ed Occidente. Profondamente rispettata dalle autorità prima egiziane e poi ottomane, la Custodia di Terra Santa ha infatti rappresentato fino al XIX secolo l’unica istituzione occidentale stabilmente presente in Palestina, tenace e premurosa custode dei luoghi santi e punto di riferimento prezioso ed ineludibile per i pellegrini ed i viaggiatori occidentali in Medio Oriente. Per comprendere pienamente il prestigio che la Custodia giunse ad ottenere presso le autorità ottomane durante l’età moderna, possiamo affidarci alle citazioni raccolte in proposito da Mario Sinopoli, attento studioso della storia istituzionale della Custodia:
Così il De Gubernatis parlando di questa secolare istituzione la chiamava Stato; il Paujaulat la chiamava una dinastia religiosa; il Guèrin era ammirato per la “pacifica ed eroica legione di umili, ma prodi religiosi i quali fondarono in Palestina un regno più durevole che non quello di Goffredo di Buglione. Anche gli autori più moderni la ritennero un vero e proprio Stato nello stato (Jemolo), una vera potenza (Giannini), che godeva di autonomia e di extraterritorialità (Jannaccone). Ed il Baldi: “Il convento francescano di Gerusalemme è davvero la capitale di uno Stato, come bene ha detto il Michaud”[25].

Panorama del Monte Sion
3 Vista del Monte Sion da Abu Tor

 

Lo “stato” francescano in terra Santa, tuttavia, è costantemente vissuto in un ambiente ampiamente ostile. Le difficoltà, in particolare, si accrebbero nel 1516, quando in Palestina al dominio dei Mamelucchi egiziani fece seguito quello dei sultani Turchi con sede a Costantinopoli. Le comunità ortodosse di Grecia, in quanto composte da sudditi dell’Impero, poterono affluire liberamente in Terra Santa ed intrapresero un’azione decisa volta a presentare i Francescani come usurpatori stranieri ostili all’impero. L’esito più umiliante e gravoso di questa situazione fu l’espulsione dal S. Cenacolo, avvenuta nel 1552. I1 colpo fu duro, perché il convento del Monte Sion era stato per oltre 200 anni il centro propulsore dell’attività francescana in Terra Santa.
Da allora, per tre secoli, la storia del possesso giuridico dei Luoghi Santi vide l’avvicendarsi di perdite e di parziali recuperi. Se non tutto fu perduto nella basilica del S. Sepolcro e in quella di Betlemme, si dovette alla faticosa azione svolta dai responsabili della Custodia, i quali interessarono le potenze cattoliche perché facessero pressioni diplomatiche presso i sultani di Costantinopoli per la difesa dei diritti cattolici. Mentre nelle basiliche del S. Sepolcro, di Betlemme e in quella della tomba della Vergine nella Valle di Giosafat si registravano perdite di diritti, i Francescani ne acquistavano però di nuovi altrove. Nel 1620, presero definitivo possesso del luogo dell’Annunciazione a Nazareth e venne loro concesso il Monte Tabor. Nel 1684, venne acquistata l’area del Gethsemani e nel 1679 quella del santuario di S. Giovanni in Ain-Karem. Nel 1754, fu acquistato il santuario della Nutrizione a Nazareth e nel 1836 quello della Flagellazione a Gerusalemme. In tutti i luoghi contesi, la situazione fu cristallizzata nel 1852 tramite il firmano sultaniale che stabilì il noto e tuttora vigente principio dello status quo.
Così come sono stati internazionali i contatti religiosi e diplomatici della Custodia, altrettanto internazionale è stata e continua ad essere l’origine dei suoi membri. Alcune nazioni, tuttavia, hanno segnato più di altre la vicenda storica della Custodia; anzitutto l’Italia, poi la Spagna e la Francia. Oltre al custode, quindi, anche la maggior parte dei religiosi è sempre stata di origine italiana, e ciò ha profondamente segnato il carattere della Custodia. Così, ancora, ha scritto Mario Sinopoli:

La Custodia (…) nel suo governo è internazionale o cosmopolita, ma di impronta italiana, come italiana fu la sua fondazione: internazionale negli elementi che la costituiscono e negli scopi che si prefigge di conseguire, ma italiana nella lingua, nelle costumanze predominanti[26].

La lingua predominante, appunto, fu sempre ed è ancora l’italiano; pressoché tutti i religiosi conoscono questa lingua, parlata anche, soprattutto nel passato, da molti dei dipendenti e dei collaboratori della Custodia. L’italiano venne anche inserito dai religiosi nelle loro scuole parrocchiali tra le materie di insegnamento, ed i risultati furono notevoli, al punto che il custode Giacomo da Lucca, nel 1727, così poteva scrivere alla S. Congregazione de Propaganda Fide: «li pellegrini che vengono d’Europa restano non poco sorpresi dal vedere qui in Levante una gioventù sì bene istruita nella lingua italiana»[27]. Questa affermazione collima con quanto affermato da Joan van Kootwijk da Utrecht, che già nel 1598, recatosi in pellegrinaggio in Palestina, scriveva:

Christiani (Bethlehem) Grecum observant ritum, pauci Latinum: omnes tamen Italicam callent linguam, quam Francam appellant, et a pueris ediscunt. Seniores Minoritis et peregrinis occidentalibus interpretum loco serviunt: filios idcirco Italica lingua a Minoritis studiose curant, ne umquam deficiant, qui monasterij negotiis inserviant: cui equidem (ut a monachis accepimus) diligentem et fidelem hactenus navarunt operam et studium[28].

I Frati Minori, quindi, contribuirono significativamente alla diffusione dell’italiano in Terra Santa, ma in quest’opera trovarono terreno fertile e la strada in ampia misura spianata da una tradizione di matrice prevalentemente mercantile e marittima che aveva già scelto l’italiano come lingua franca lungo l’intero arco del mediterraneo orientale. A conferma di ciò, cito due testimonianze letterarie, relative al XIX secolo, provenienti da ambienti culturali del tutto estranei a quello custodiale. La prima è tratta dallo scrittore turco Orhan Pamuk, che ricorda come «nel 1852, cent’anni prima della mia nascita, nelle strade di Istanbul si parlava contemporaneamente il turco, il greco, l’armeno, l’italiano, il francese e l’inglese[29]». Pamuk pone le lingue in ordine d’importanza, e l’italiano è al primo posto tra le occidentali. La seconda testimonianza è invece di Georges Ivanovič Gurdjieff, il quale, dopo aver narrato come, poco più che adolescente – cioè negli ultimi anni dell’Ottocento –, in Gerusalemme si era procacciato da vivere facendo la guida per viaggiatori europei, in particolare russi, ricorda: «non appena arrivato in Egitto, decisi di esercitare lo stesso mestiere. Parlavo molto bene il greco e l’arabo, come pure l’italiano, allora indispensabile per ogni europeo»[30]. Ed ancora, incontrato presso le grandi piramidi il principe russo Jurij Ljubovedskij, ricorda come questi, «non sapendo che anch’io parlavo russo, si rivolgeva a me con le sue quattro parole d’italiano»[31].
Questa situazione mutò profondamente e repentinamente alla fine della prima guerra mondiale. Con la dissoluzione dell’Impero Ottomano e l’inizio dei governi mandatari britannico e francese, l’inglese divenne infatti lingua prevalente in Palestina ed Egitto ed il francese in Siria e Libano, in entrambi i casi a discapito dell’italiano.

 

[1] Il presente contributo costituisce una sintesi di quanto da me già trattato nell’introduzione a L’Archivio storico della Custodia di Terra Santa (1230-1970), voll. 3, a cura di A. Maiarelli, Milano, Edizioni Terra Santa, 2012 [Biblioteca bio-bibliografica della Terra Santa e dell’Oriente francescano, quinta serie, nn. 30-32].

[2] Molta la bibliografia in proposito, né questa è la sede idonea per elencarla; indichiamo solo la sintesi operata in I. Mancini, Cenni storici sulla Custodia di Terra Santa, in La Custodia di Terra Santa e l’Europa: i rapporti politici e l’attività culturale dei francescani in Medio Oriente, a cura di M. Piccirillo, Roma, Il Veltro, 1983, pp. 15-26, alle pp. 16-17, con sguardo rivolto alla storia della Custodia di Terra Santa. Sulla documentazione relativa al viaggio in Oriente di Francesco d’Assisi, rimandiamo a G. Golubovich, Biblioteca bio-bibliografica della Terra Santa e dell’oriente francescano, voll. I, Quaracchi presso Firenze, Tipografia del Collegio di S. Bonaventura, 1906, pp. 1-104.

[3] Fonti francescane. Scritti e biografie di san Francesco d’Assisi. Cronache e altre testimonianze del primo secolo francescano. Scritti e biografie di santa Chiara d’Assisi, Assisi, Editrici Messaggero Padova, 1980, nr. 2212.

[4] Gerusalemme, Archivio storico della Custodia di Terra Santa (d’ora in poi ASCTS), Curia custodiale (d’ora in poi CC), Diplomatico, 1.

[5] E. Tonini, La Custodia di Terra Santa “perla” delle missioni francescane, Firenze, Provincia Toscana di S. Francesco Stimmatizzato dei Frati Minori, s. d. [2005], p. 16.

[6] Il documento, che deve ritenersi perduto, secondo la testimonianza di un minorita tedesco in viaggio a Gerusalemme nel 1427 era all’epoca ancora custodito nell’archivio del Monte Sion. Cf. M. Sinopoli, L’opera di Terra Santa. Contributo storico-giuridico, Parte Ia, Natura istituzionale e rilevanza internazionale, Roma, Delegazione di Terra Santa, 1950, pp. 11, 29-30.

[7] ASCTS, CC, Diplomatico, 7.

[8] Un’accurata analisi dei due documenti si può leggere in Sinopoli, L’opera di Terra Santa, pp. 37-47; si vedano anche P. Pieraccini, Il ristabilimento del Patriarcato latino di Gerusalemme e la Custodia di Terra Santa. La dialettica istituzionale al tempo del primo patriarca mons. Giuseppe Valerga (1847-1872), Cairo – Jerusalem, The Franciscan Centre of Christian Oriental Studies, Co-Editor Franciscan Printing Press, 2006 [Studia orientalia christiana, Monographiae, 15], pp. 46-47 e G. F. D’Andrea, Il Regno di Napoli e la Custodia di Terra Santa, in La Custodia di Terra Santa e l’Europa, pp. 37-70, a p. 38.

[9] «Guardianus Montis Sion esto reliquorum Terrae Sanctae locorum Praefectis superior; ejus praecepto Fratres omnes obediunto». L. Wadding (et alii), Annales Minorum, vol. VIII, Ad Claras Aquas, prope Florentiam, 1932, p. 392. Le costituzioni sono commentate e tradotte in lingua italiana in M. da Civezza, Storia universale delle missioni francescane, vol. IV, Roma, Tipografia Tiberina, 1860, pp. 294-296.

[10] Un’attenta disamina di carattere storico-giuridico sull’ufficio del custode di Terra Santa è svolta in C. Brlek, De Custodia Terrae Sanctae in legislatione Ordinis Fratrum Minorum (Studium historico-iuridicum), Hierosolymis, Ex Typis PP. Franciscalium, 1958.

[11] G. M. Faccio, Lettera circolare in occasione del VI centenario della Costituzione giuridica della Custodia di Terra Santa, in Custodia di Terra Santa. 1342-1942, Gerusalemme, Tipografia dei Padri Francescani, 1951, pp. 9-18, p. 13.

[12] G. Golubovich, Serie cronologica dei reverendissimi Superiori di Terra Santa, ossia dei Provinciali custodi e presidenti della medesima (…), Gerusalemme, Tipografia del convento di S. Salvatore, 1898, p. XXIII, in cui è citato anche un passaggio del detto statuto: «Primo, quod Guardianus Montis Sion utatur in omnibus et per omnia auctoritate Ministri Provincialis in regimine et cura locorum Terræ Sanctæ, computando locum Baruti et locum Cypri».

[13] Cf. Brlek, De Custodia Terrae Sanctae, pp. 28-30.

[14] Edizione in in Statuta et decreta quibus Terrae Sanctae Custodia regitur, a cura di A. Briante, Hierosolymis, Typis Franciscalibus, 1895. Disamina degli statuti benedettini in Pieraccini, Il ristabilimento, pp. 65-68 e L’aggiornamento della legislazione della Custodia di Terra Santa, in La Custodia di Terra Santa e l’Europa, pp. 27-36, alle pp. 28-30.

[15] Costituzioni del 1746, cap. I, in Statuta et decreta quibus Terrae Sanctae Custodia regitur, pp. 7-15.

[16] Cf. Pieraccini, Il ristabilimento, pp. 66, 148-149 n. 109.

[17] Citazioni in Sinopoli, L’opera di Terra Santa, p. 144.

[18] Costituzioni del 1746, cap. II, in Statuta et decreta quibus Terrae Sanctae Custodia regitur, pp. 15-17.

[19] Costituzioni del 1746, cap. III, in Statuta et decreta quibus Terrae Sanctae Custodia regitur, pp. 17-24.

[20] Per un lungo periodo nel corso dell’Ottocento, tuttavia, l’assenza in Custodia di religiosi francesi e tedeschi fece sì che il Discretorio fosse composto da soli italiani e spagnoli; cf. A. Arce, El discretorio custodial de Tierra Santa de 1796 a 1865, in “Archivo ibero-americano”, 7 (1947), pp. 98-101.

[21] Costituzioni del 1746, cap. IV, in Statuta et decreta quibus Terrae Sanctae Custodia regitur, pp. 24-26.

[22] L’aggiornamento della legislazione, pp. 28-29.

[23] Sul superamento della normativa benedettina, si veda quanto scritto in L’aggiornamento della legislazione; tale percorso può dirsi compiuto con la promulgazione degli statuti del 1983; Statuti della Custodia di Terra Santa e Regolamenti particolari, supplemento agli “Acta Custodiae Terrae Sanctae”, 28/2 (1983).

[24] Annales Minorum, vol. VIII, p. 392.

[25] Sinopoli, L’opera di Terra Santa, pp. 143-144.

[26] Sinopoli, L’opera di Terra Santa, p. 98.

[27] Citato in Sinopoli, L’opera di Terra Santa, p. 14.

[28] G. Incelli, Le scuole di Terra Santa, in Custodia di Terra Santa. 1342-1942, Gerusalemme, Tipografia dei Padri Francescani, 1951, pp. 153-176, a p. 155.

[29] O. Pamuk, Istanbul. I ricordi e la citta, Traduzione di Şemsa Gezgin, Torino, Einaudi, 2010, pp. 235-236.

[30] G. I. Gurdjieff, Incontri con uomini straordinari, traduzione di G. Bartoli, Milano, Adelphi, 2011, pp. 172-173.

[31] Gurdjieff, Incontri con uomini straordinari, p. 173.

 

Andrea Maiarelli insegna storia della Chiesa e lingua latina all’Istituto di Scienze Religiose di Assisi, aggregato alla Pontificia Università Lateranense, e dirige la Biblioteca A. Dominicini e l’Archivio capitolare della cattedrale di Perugia. Si occupa inoltre di archivistica e a proposito di questo articolo si ricorda che negli anni 2009-2013 ha diretto il progetto di riordinamento ed inventariazione dell’Archivio storico della Custodia di Terra Santa in Gerusalemme.

 

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