L’osservazione del paesaggio è generalmente, nelle arti visive, l’indugio su un sentimento, la contemplazione di una verità, la più semplice, la più esemplare, la più ovvia persino, quella appunto degli spazi, territorio, ambienti, i colori diventano la testimonianza di un affetto e la rappresentazione di una certezza.
Per questo il paesaggismo è un’occasione espressiva tra le più difficili anche perchè c’è sempre il rischio evidente della calligrafia e l’allettamento della suggestione in un operare che per l’artista, in fondo, è un riprodurre interpretando.
Federico Felicioni fa preminentemente il paesaggio ma senza esserne sedotto e con una personalità che produce non tanto l’effetto facile ne una sequenza d’impressioni ma, piuttosto, nelle fisicità delle forme proprio un partecipare diretto, convinto delle cose ascoltate nella loro armonia e nella loro consolazione naturale.
Il paesaggio di Federico Felicioni, pittore perugino ma anche apprezzato gallerista, è quindi proposto nelle sue componenti, ovviamente, ma esposto con un godimento quasi pagano, con colori intesi, con forme piene, con orizzonti lontani, dove profumi e tepori ci conducono in un mondo vivo, estivo, che non vuole essere evocazione di purezze originarie ma solo illuminazione di echi, espressione di spazi appunto, colti con sensibilità e poesia in uno stupito eternarsi degli oggetti della vita.
Filari di alberi, boschi infiorati, laghi immobili nel tempo, colline avvolte di papabili fragranze e il paesaggio di Federico Felicioni è, non si fascia di suggestioni, non scade nel ripetitivo, ne si orna di sovrabbondanze, si presenta nella sua verità naturalistica, per una lettura commossa che non vedi stilemi ma verifica l’avvenenza di esperienze tratte dai sensi e spiegate con sincerità e autenticità lirica.
Per i ritratti di Federico Felicioni, quei volti così vivi di sincerità e di luce, il cui la somiglianza si unisce con la grazia, dove la fisionomia acquista intensità e il lineamento leggiadria.
Ritratti per lo più femminili che anche tecnicamente mostrano qualità notevoli di disegno e di incisività espressiva, dove ombre, tonalità, particolarità anatomiche assumono rilievi peculiari distanti dalla convenzione.
Insomma un pittore, Federico Felicioni, che evita la fantasia per non scendere a compromessi con la realtà e che fuori da ogni insinuazione scolastica o ideologica rappresenta gli eventi con la sobrietà e la dolcezza di chi ha fiducia di offrire sensazioni intinte in una loro solare gioia estetica.
Federico Felicioni, inizia a dipingere verso la metà degli anni Settanta. Appassionato di pittura, vive in una casa affrescata da autori importanti come Giancarli, Rapetti e G.Dottori.
Apre nel 1976 una galleria d’arte che ancora oggi esiste in Corso Cavour a Perugia. La sua pittura è impostata soprattutto sul paesaggio umbro anche perché influenzato dalle opere di G.Dottori e, le dolci colline, il lago Trasimeno e i colori di questa regione, sono i soggetti da lui preferiti.
La prima mostra nel 1979, alla Sala San Severo del Comune di Perugia, riscuote un gran successo di critica e vendite.
Partecipa a varie mostre collettive con Bacosi, Orfei, Frappi ed altri artisti umbri.
La sua galleria espone dipinti di artisti di tutto il mondo.
Negli anni Ottanta partecipa alla internazionale Jacopone da Todi, mostra dove erano presenti opere di Guttuso , Maccari, Depisis, Purificato e tanti altri.
Partecipa alla rassegna di pittura Premio Frappa dove vince il Baiocco Perugino.
Espone a Orvieto, Alviano Terme, Esanatoglia, Losanna etc etc e poi di nuovo a Perugia.
Viene richiesto in vari premi di pittura come membro della giuria.
Di lui si interessano e ne parlano Rai3, con Duccio Travaglia, Michel Portman in Svizzera, Fausto Mercuri, critico d’arte, TeleAia, la rivista Praxis, La Nazione e il Messaggero.
Si dedica anche al ritratto, ritraendo importanti personaggi.
Studia situazioni sull’informale ma rimane molto attaccato al paesaggio umbro.