Dialogo con Fabrizio Bastianelli, titolare de La Bottega del Vino di Perugia
La crisi sanitaria causata dal Covid-19 ha determinato un sensibile incremento di consegne a domicilio e vendite online, chiamando molti esercizi commerciali a rivedere il proprio modello di business. In particolare, supermercati, ipermercati e mall, caratterizzati di norma da notevoli flussi di clienti, hanno dovuto attuare rigidi protocolli anti-contagio.
Un fenomeno particolarmente significativo interessa oggi i cosiddetti “negozi di vicinato”, che in molti casi parevano in via d’estinzione. Nel settore alimentare, il giro d’affari di panettieri, macellai, fruttivendoli o latterie è cresciuto anche del 50%. Questa tendenza, registrata in Italia da numerosi osservatori specializzati, è stata spiegata in vari modi: le garanzie di sicurezza offerte dalla minore concentrazione di clienti; una rinnovata attenzione per la qualità; la relazione umana con gli esercenti commerciali di quartiere. Durante il lockdown, ad esempio, molti negozianti hanno garantito consegne a domicilio ad anziani e persone in difficoltà.
Studi Umbri ha scelto di approfondire tale scenario, non solo commerciale, ma culturale e sociale, incontrando uno di questi esercenti di prossimità, Fabrizio Bastianelli, titolare de La Bottega del Vino. L’azienda è presente a Perugia con due punti vendita, a Ponte San Giovanni e in via Settevalli. La centralità del fattore umano, la cultura della qualità e il rispetto per la sostenibilità sono state le basi sulle quali, sette anni fa, Bastianelli e la moglie hanno costruito questo progetto dedicato al vino e ad altri prodotti biologici e biodinamici, tra cui olio, legumi, miele, confetture e birre.
Per questa coppia di imprenditori, gestire un’enoteca significa prendersi cura della cittadinanza e dell’ambiente, consolidare le relazioni con il cliente per esprimere al meglio la qualità “artistica” della vinificazione. Il vino racconta il progetto del vignaiolo, la passione di un territorio, ed è espressione della cultura di un luogo e della sua storia. Il calice non è solo consumo, ma condivisione.
Fabrizio, quali sono le caratteristiche dei suoi prodotti?
Abbiamo oltre venti tipologie di vino sfuso. Si tratta di etichette selezionate che non si trovano nella grande distribuzione e provengono dalle Marche, dall’alta valle del Tevere, da cantine sarde e dalla stessa Umbria. L’idea era quella di creare un negozio di prossimità che potesse essere punto di riferimento per un consumo consapevole e sostenibile.
Cosa cercano i vostri clienti?
L’idea della cantina familiare e la ricerca di un prodotto, quello del vino sfuso, che rappresenta un unicum nel settore e in Umbria. Il nostro lavoro è guidato dal respiro tenace delle cose ben fatte, dei prodotti curati fin nel dettaglio ed accompagnati con cura nei vari processi. Per quanto riguarda la vendita di vini sfusi, i nostri punti vendita si distinguono soprattutto per avere vini di una Cantina Veneta familiare, la Cantina Ca’ Baradei, che ha come filosofia la coltivazione e la produzione di vini di alta qualità.
I dati del turismo enogastronomico ci confermano che oggi non si acquista più un prodotto, ma “un’esperienza” che rimanga in mente e possa essere raccontata. Visitare le cantine, camminare tra i filari, partecipare ad una vendemmia o a una potatura sono opportunità divenute “vendibili”, più del prodotto stesso. Dalla qualità di questa esperienza dipende l’acquisto del prodotto. Il consumatore comprende come nasce il prodotto “vino”, come lo si lavora e lo si invecchia.
La Bottega del Vino è la sintesi di questo percorso: fornisce agli avventori una grande occasione di essere educati al gusto e ad un nuovo approccio verso l’ambiente.
Qualche dettaglio tecnico?
La gestione dei vini sfusi richiede un’elevata attenzione e una cura costante nella manutenzione del livello di azoto, come per quello di Co2 dei vini frizzanti. Il controllo delle temperature è fondamentale per preservare i valori organolettici del vino.
Quanto avete risentito del lockdown?
Paradossalmente è andata benissimo: le vendite sono aumentate e abbiamo registrato uno scambio settimanale di 5mila litri di vino. Con le limitazioni, molta gente ha preferito rifornirsi da noi piuttosto che nei grandi ipermercati. La vendita di vino è aumentata del 50%, quella delle farine addirittura del 70. Ora, con le riaperture, siamo ritornati ad un certo standard che, comunque, è in crescita.
In definitiva, qual è il vostro valore aggiunto?
Il nostro modello di marketing eco-sostenibile. Il connubio cura-vino può esprimere in maniera completa il valore dello stare insieme consapevole, vero motore dell’economia in Italia e nel mondo.