“Giorgio Crisafi, pur operando con l’argilla e il fuoco, elementi tipici del mondo della ceramica, utilizza materiali e tecniche inusuali, portando un suo contributo originale a questa antica arte”
Nino Caruso
GIORGIO CRISAFI nasce a Todi nel 1952, si forma poi presso l’Università di Bologna dove studia Storia del Teatro e Storia dell’arte con Flavio Caroli e Renato Barilli(1971-75) mentre avvia la propria attività teatrale. Come attore e regista, partecipa a importanti festival per la promozione della nuova drammaturgia italiana e internazionale. Negli anni 1983-86 a Todi è fondatore e direttore artistico, insieme a Enzo Siciliano e Alessio Vlad, della Settimana Tudertina, festival di teatro e musica, noto poi come Todi Festival.
Dagli anni ’80 ha recitato in ruoli primari e protagonisti con le maggiori compagnie teatrali italiane, attori e registi: Alberto Lionello, Adriana Asti, Tieri-Lojodice, Gabriele Lavia. Nel 1980 fonda e dirige la Prima Compagnia Teatro in Todi & Co. Inizia anche una collaborazione decennale con lo scrittore Enzo Siciliano diventando interprete di gran parte della sua opera drammaturgica.
Fin dagli esordi affianca al teatro collaborazioni con artisti di fama e comincia il proprio lavoro nello studio-laboratorio di Todi. È assistente del pittore Piero Dorazio dal 1975 al 1985, curando inotre i cataloghi di Dorazio, Beverly Pepper e Titina Maselli, in occasione di loro mostre antologiche.
Collabora in studio e teatro con lo scultore ceramista Nino Caruso (2003-04) e con il pittore e scenografo Bruno Ceccobelli (1998 e 2004). Partecipa da scultore ceramista a sei mostre personali e venticinque mostre collettive esponendo in siti archeologici, gallerie e musei. In particolare: La scultura ceramica contemporanea in Italia presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (2015) e Mediterraneo-Keramikos al Museo Nazionale della Ceramica Duca di Martina a Napoli (2020). Nel 2020 gli viene conferito il premio San Valentino Arte per la scultura.
È autore di cinque testi e adattamenti teatrali, Nel 2014 pubblica un libro di poesie dedicato alla sua vita di attore teatrale: “In tournée” (AG Book Publishing, Roma).
Di recente ho aperto una galleria espositiva nel centro di Todi, lo “Spazio Giorgio Crisafi”.
La scultura come enigmatica presenza cerimoniale
Distanti, quasi siderali ma vicine al tempo stesso. Le opere – sculture e bassorilievi – di Giorgio Crisafi hanno tra le altre anche la qualità di unire gli opposti: possiedono e comunicano una sorta di preziosa aristocraticità, qualcosa di ritrosamente distaccato che al primo impatto visivo ci tiene a rispettosa distanza ma che poi lascia il passo alla voglia di accarezzare quelle forme così misteriose e levigate, tali di diventare facilmente oggetti del desiderio. Mentre i bassorilievi sono dichiaratamente araldici e attestano una nobiltà dell’anima sostanziata da antichi ideali cavallereschi, oltre ad una volontà di purezza comportamentale cui aspira l’artista, le sculture sono presenze cerimoniali e rituali che assumono le sembianze di totem o idoli apotropaici, cariche di un’arcaicità che però è innervata dalle inquietudini della nostra contemporaneità. Del resto, una componente arcaica è parte essenziale della stessa ceramica, se solo si pensa al fatto che la cottura della terra è uno dei primi segni delle civiltà umane. Senza dimenticare che tutti e quattro i mitici elementi costitutivi del mondo -acqua, aria, terra e fuoco- entrano in gioco da protagonisti nella realizzazione di un’opera in ceramica.
In qualche modo, le sculture e i bassorilievi di Crisafi sono concretizzazioni di suoi stati d’animo sorti nel momento di entrare in scena nel theatrum mundi, di esteriorizzarsi, dichiarando la propria fede nel rispetto dei valori umani, quasi come un cavaliere antico catapultato nel terzo millennio per chissà quale strano destino. E per questa sorta di rispecchiamento interiore vengono alla mente le parole di un grande maestro della ceramica del XX secolo, Leoncillo: “Tagliare la creta col filo è realizzare un atto decisivo crudele e liberatore. La creta è come carne mia, è un processo di identificazione assoluto. […] Creta, creta mia, materia mia artificiale ma carica per metafora di tutto ciò che ho visto, amato, a cui sono stato vicino, creta carica per metafora delle cose che ho dentro, con cui in fondo mi sono, volta per volta, identificato. Organicità che nasce dalla materia, che tratto con le mie mani, morbida, dura, aspra, sensibile, dai gesti che con essa e su essa compio, lungo il filo di un ricordo presente, di una identificazione lontana sepolta e tuttavia vicina”.
Pure molto forte è nelle opere di Crisafi, una capacità metamorfica che fonde e confonde residui di presenze umane, animali e vegetali in un continuum senza fine, straniante, spaesante e sorprendente. Eppure ognuna delle sue opere sembra custodire gelosamente un segreto in ventre, qualcosa di prezioso e di intangibile, una gemma spirituale sorgiva che talvolta affiora alla superficie, come è ben evidente ad esempio in “Araldico selenio” (2006), “Intimogiallo” (2006), l’ironico “Papaya” (2006), la “Madonna del becco” (2006), “Araldodidio” (2006), “Collorotrè” (2007), “Un cavallo per cappello”, “A malìa” (2007), “Soltanto incanto” (2007), “Realmente” (2007), solo per citarne alcune.
Le sculture di Crisafi hanno sempre la qualità visionaria di andare oltre la pura presenza oggettuale o rappresentativa, alludono ad un altrove in perenne divenire, sospeso fra la natura naturans e gli abissi insondabili di un mondo interiore colmo di sensibilità. Questa loro molteplicità formale sembra anche idealmente originata dai consigli che il grande Arturo Martini dispensava ai propri allievi: “ Non pensate mai che questo sia un nudo, altrimenti ciò vi preoccupa e vi taglia tutte le possibilità poetiche. Immaginate invece che questa forma che v’imprigiona sia un vostro viaggio, dove incontrate cascate, pianure, cielo, acqua […]”, una scultura che “non sia rupe, ma acqua e cielo, che trasformi la creta in mari di tempesta, che non sia uno stile ma una sostanza”. Una sostanza che per Crisafi è volta a produrre incanto e meraviglia.
Gabriele Simongini è uno storico e critico d’arte italiano. Docente all’Accademia di Belle Arti di Roma. Critico d’arte del quotidiano Il Tempo e saggista. In particolare si occupa di ricerca nell’ambito dell’arte astratta italiana.