In Umbria la fascia tra 250 e 500 m di quota ha come elemento caratteristico l’olivo, in alcuni casi possiamo osservare sporadici oliveti anche più in alto come in Valnerina. L’emblema di questa disposizione è la fascia olivata Assisi – Spoleto, vero gioiello dell’olivicoltura storica e riconosciuta patrimonio agricolo di rilevanza mondiale dalla FAO. Questa è attraversata dal sentiero degli olivi, tracciato più di un decennio fa dai soci del Club Alpino Italiano di Spoleto. Migliaia di turisti, amanti delle camminate, ogni anno seguono il sentiero e possono usufruire di servizi, come agriturismi, agro-ristori e ristoranti. Non mancano evidenze artistiche e storiche, sia lungo il sentiero che nei paesi e città che ne fanno parte. Il paesaggio olivato non si ferma ovviamente alla linea Assisi Spoleto, ma ogni collina umbra è un paesaggio a se stante che ha come protagonista l’oliveto, più o meno intercalato ora da boschi, macchie, rocce e calanchi.
Questa complessità di paesaggi dovuta all’orografia della nostra regione, ha permesso la selezione delle numerose cultivar presenti, si noti che in rapporto alla superficie in Umbria si hanno ben oltre di 100 cultivar locali, molte dimenticate e magari presenti con uno o pochi esemplari in aree marginali. Gli olivi, testimoni resilienti di una olivicoltura eroica, fatta di piante sparse negli avvallamenti naturali delle pendici collinari, spesso fortificati da muri a secco, lunette o altre forme di sostegno del magro terreno a disposizione.
Sparsi qua e là ci sono molti olivi secolari, e taluni millenari come l’olivo di Sant’Emiliano di Bovara di Trevi insieme ad un altro esemplare della stessa varietà sito a Cesi in provincia di Terni, la Raia di Macciano e quella di Giano dell’Umbria per citare i più antichi attualmente conosciuti, ma la regione Umbria, dal nord al sud, è piena di esemplari di età compresa tra 400 e 800 anni.
Gli olivi monumentali della varietà Dolce Agogia sono molto diffusi nella zona del Trasimeno e nel comune di Perugia dove dimora l’esemplare più antico da circa 700 anni. Alcuni anni fa, durante le feste pasquali, siamo venuti a conoscenza che stavano estirpando l’oliveto secolare di cui fa parte appunto la Dolce Agogia più antica sopra citata, l’olivo di Piscille, preoccupati tentammo di impedirlo rivolgendoci agli uffici regionali, ma non ottenemmo grossi risultati e l’oliveto secolare continuava ad essere decimato. Dopo alcuni giorni personalmente coinvolgemmo i Carabinieri Forestali, che invece intervennero e salvarono l’olivo e quello che rimaneva dell’oliveto, non li ringrazieremo mai abbastanza.
Oggi questa maestosa pianta ha bisogno di cure adatte alle piante antiche: concimazione e potatura in primis, speriamo che questo articolo possa essere un veicolo per la valorizzazione di questo esemplare così come tanti altri che meritano di essere salvaguardati, conosciuti e valorizzati.
Bisogna dire che da qualche anno si vedono oliveti siti in piano sotto i 200m di quota, questo è dovuto alla percezione del cambiamento climatico, spesso questi oliveti sono condotti in forma superintensiva, un sistema di coltivazione che non rispetta la pianta ma soprattutto non è sostenibile, visti gli alti consumi di acqua e di input energetici. Un aspetto dell’agricoltura industriale che spesso non viene percepito è il mancato rispetto per la pianta, l’acqua, l’aria e il territorio. Immaginiamo se questo sistema fosse adottato su larga scala, si assisterebbe ad una distruzione del paesaggio umbro insieme ad una fortissima erosione genetica delle decine di varietà neglette che pervadono gli oliveti storici ripercorrendo quello che è successo in Spagna negli ultimi 30 anni.
Il gruppo di ricerca del CNR IBBR di Perugia guidato dalla Dr.ssa Luciana Baldoni è in prima linea nella conoscenza e nella protezione delle varietà locali e degli esemplari monumentali non solo a livello regionale ma internazionale.
Per quanto riguarda gli oli estratti dai frutti di queste varietà neglette, anche grazie alle nuove tecnologie di estrazione, si sta riscontrando elevatissime potenzialità chimiche ed organolettiche, che una volta, quando si usavano le macine di pietra, probabilmente non esprimevano a pieno il loro carattere a causa della forte ossidazione a cui era sottoposta la pasta di olive durante tutto il processo estrattivo o comunque il produttore e il consumatore non era ancora istruito a dovere sulla qualità dell’olio ma si puntava esclusivamente alla quantità.
Accanto a Leccino e Frantoio, ormai cultivar diffuse a livello mondiale compresi areali molto lontani da quello originale; al Moraiolo caratteristico del centro Italia, che mal si adatta a climi caldi; alla Dolce Agogia tipica e largamente diffusa nel perugino e nel lago Trasimeno, troviamo tutta una serie di cultivar meno note ma sicuramente molto interessanti, alcune di loro si stanno affermando. Riportiamo come esempio, varietà locali coltivate su piccola scala che si sono affermate come vere e proprie star del gusto, beneficiando anche dei progressi tecnologici inerenti l’estrazione dell’olio, tra queste la varietà Borgiona dell’alta valle del Tevere, il Raio di Amelia, la Gentile Grande o di Anghiari nell’Alta Valle del Tevere e più recentemente la Limona nell’eugubino – gualdese, il Pocciolo nell’areale spoletino, la San Felice sui Monti Martani e molte altre attendono di essere valorizzate e a breve avremo delle sorprese dagli ultimi studi in corso.
Purtroppo sono pochi o nulli i vivaisti che propongono piante di varietà locali di olivo, vuoi per ignoranza, sia del produttore che dell’olivicoltore, relativamente alle caratteristiche organolettiche dell’olio, del comportamento agronomico, dei caratteri organolettici dell’olio e delle olive. Ad esempio se pensiamo al mondo delle olive da tavola, in Umbria non c’è una tradizione nella preparazione delle olive da mensa, se si fa eccezione per le olive gelate per le quali si usa la cv Dolce Agogia nel perugino e la cv Raia nello spoletino. Nelle nostre ricerche sulle varietà locali ne abbiamo incontrate alcune che sarebbero adatte alla concia al naturale e alla salamoia, sia come olive verdi che nere, alcune delle quali già iscritte al registro regionale e nazionale delle varietà di olivo umbre.
Le varietà più diffuse da nord a sud della regione:
Durante le ricerche condotte dal nostro gruppo di ricerca del CNR – IBBR di Perugia sono state censite e salvate numerose piante autoctone, molte delle quali sono poi risultate, all’analisi molecolare, genotipi unici. Nella cartina che segue, si riporta una mappa che ne indica l’ubicazione.
Perché interessarci alle cultivar abbandonate, i motivi sono molteplici. La prima spinta è stata salvare un germoplasma unico e quindi a rischio di estinzione in un’olivicoltura che va verso la standardizzazione e la monocoltura, poi ci si è accorti che queste varietà potevano avere una valenza agronomica perché sono varietà portatrici di caratteri genetici unici e potenzialmente utili alla lotta contro gli stress biotici e abiotici, ma sicuramente hanno anche un forte potenziale economico, una varietà per ogni areale significa individuare la prima dal secondo e viceversa. Questa possibilità apre orizzonti nuovi nel commercio dell’olio, dove l’omologazione sembrava la regola oggi si cerca una singolarità. Nella sensibilizzazione dei produttori giocano un ruolo importante anche associazione come Slow Food la cui filosofia è salvare la diversità intesa anche come territorialità del gusto.
Cerchiamo anche di dare uno sguardo all’aspetto più edonistico e cioè il profumo e il sapore di un olio estratto dalle varietà umbre. Tra le varietà più note e coltivate ci sono il Moraiolo, caratterizzato da note di carciofo piuttosto marcate, talvolta leggero pomodoro, fruttato verde di erbe tagliate di fresco, amaro e piccante di notevole impatto e persistenza; il Frantoio che colpisce immediatamente per l’aroma floreale, il fruttato di oliva molto persistente e note di mandorla; il Leccino, cultivar dal carattere variabile secondo l’andamento climatico, ad esempio quest’anno (2020) si è comportato bene, forse una delle migliori annate di sempre, con un intenso profumo di erba appena tagliata.
Passando a varietà meno diffuse, nell’alta valle del Tevere, la Borgiona (sinonimi Borsciona e Morcona) è caratterizzata da forti note di pomodoro, amaro gradevole e un bel piccante di pepe. Nell’amerino, il Raio, rappresentato da grandi alberi monumentali, produce olive che una volta frante rivelano caratteristiche uniche come un amaro di noce lungo e persistente, unito a piccante di pepe e note fruttate di oliva verde, olio raro per l’esiguità del territorio e per l’abbandono di molti esemplari secolari. Potremmo continuare ma ci riserviamo, magari, di illustrare in un altro articolo alcune delle varietà umbre e i loro preziosi oli.
Dopo l’invenzione del torchio a vite la tecnologia olearia è rimasta, praticamente, uguale a se stessa per millenni. Bene, oggi la tecnologia di estrazione ci permette di apprezzare cultivar che fino a due decenni fa erano solo produttrici di grasso e oggi danno oli sapidi, ricchi di aromi in una parola fantastici. Tra questi abbiamo parlato dalla Borgiona, del Raio, stiamo scoprendo la Limona, praticamente solo due produttori la fanno in purezza così è anche per la Nostrale di Rigali che se raccolta precocemente è una scoperta piacevolissima. Siamo certi che avremo grandi sorprese nei prossimi anni, la nostra certezza deriva dalle recenti analisi chimiche e da un’analisi sensoriale che, grazie all’esperienza, ci permette di associare il profumo dell’oliva e il suo sapore alle future espressioni sensoriali dell’olio, chiaramente quest’ultima non è una tecnica consueta ne codificata…ancora.
In definitiva lo studio delle varietà locali è sicuramente un mezzo per salvare sia il germoplasma locale preservando così il paesaggio e la sostenibilità sia agronomica che ambientale dall’assalto degli impianti superintensivi fatti con poche cultivar e di origine diversa da quella territoriale che stanno snaturando il gusto tipico degli oli prodotti da cultivar locali e che impoveriscono la cultura legata ai singoli territori.
Saverio Pandolfi- CTER IV livello presso CNR IBBR di Perugia, Dottore di Ricerca in produttività delle piante coltivate, già direttore dell’azienda sperimentale dell’Istituto Sperimentale per l’Olivicoltura, oggi CREA; docente a numerosi corsi di formazione in potatura dei fruttiferi, coltivazioni erbacee e arboree, trasformazione dei prodotti agricoli, economia aziendale, innovazione di prodotti agricoli e multifunzionalità aziendale. Referente regionale guida Slow Food extravergini, assaggiatore di oli di oliva a livello internazionale.
Roberto Mariotti – Tecnico CTER VI livello presso CNR-IBBR di Perugia.
Esperto in analisi molecolari che utilizza nello studio di filogenesi, identificazione di QTL, tracciabilità di olivi ed olio. Assaggiatore esperto di oli di oliva a livello internazionale.