Il cambiamento è duro all’inizio,
incasinato nel mezzo
e glorioso alla fine.
Robin Sharma
Mi piacerebbe cavalcare un’intuizione e avviare una rubrica su quegli artisti che, a mio modestissimo parere, pur operando nel contesto umbro da tempo, se ne discostano parzialmente.
Sono 20 anni ormai che opero come storica e curatrice d’arte nel contesto umbro. Insegno anche da tempo all’Accademia di Belle Arti di Perugia e conosco sufficientemente la maggior parte degli artisti che operano nella nostra regione per intuire rapporti, filiazioni, discendenze e contaminazioni.
L’immersione nella realtà locale mi ha ovviamente spesso spinta a chiedermi cosa questa terra “di Santi e lupi”, di eremi e paesaggi verdi, di confini di terra -senza vista mare- sedimentasse nella mente e nel cuore dell’ “artista umbro” per nascita o per scelta. Sebbene sia certamente piuttosto pretestuoso il tentativo di ridurre a una logica regionale la questione artistica, questa riflessione mi sembra alquanto pertinente all’interno della rivista “Studi Umbri”. Vi illustro pertanto rapidamente alcune considerazioni personali sull’arte contemporanea locale forzando un po’ la mano per enfatizzare le aree di differenziazione potenziali tra i diversi operatori.
Ritratto [(in)esatto] dell’artista umbro
Pensando in astratto ad artisti “umbri” contemporanei, o ad una giammai formalizzata “scuola umbra”, mi viene da annoverare, come caratteristica diffusa e comune, la grande complessità esecutiva. Una complessità figlia, talvolta, di ricercatezze formali; tal’altra, di sofisticati impianti intellettuali.
All’accuratezza formale, qualche volta dissimulata ma in realtà quasi sempre presente, si abbina spesso lo studio di formule atemporali, assolute, capaci di parlare più di universali e archetipi metastorici che delle tensioni del presente.
A livello antropologico – e mi includo del tutto nella casistica da vera umbra doc – l’artista e il pensatore umbro, di necessità (data la morfologia del territorio) o per scelta (perché ad un certo punto la luce dei tramonti ti fa mistico), è spesso solitario, chiuso, poco avvezzo al gruppo di ricerca e alla condivisione.
E il suo lavoro, davvero raramente, si carica di ironia e autoironia.
Ribaltamenti
Ecco, ho pensato di spiazzarvi e dedicare la rubrica a chi, pur essendo umbro di nascita o adozione, è straniero in patria e – integrato o isolato – ha un’opera che non può essere descritta totalmente secondo le direttrici sopra riportate.
Perché? Perché, la rivista “Studi Umbri” offre già con la sua copertina una pluralità di contribuiti di qualità sugli artisti umbri ed io, pur amandoli e sostenendoli nel mio lavoro, avrei il piacere di offrire un punto di vista differente. Una specie di virus benefico che stimoli gli anticorpi del nostro sistema artistico aprendolo a considerazioni sulle plurime potenzialità artistiche presenti attualmente in Umbria.