I circuiti di credito reciproco possono trasformare gli scambi commerciali da mera opportunità di business a occasione per impegnarsi nella vita economica della comunità.
Se ne sente parlare sempre di più, anche se si utilizzano nomi diversi, e rappresentano una tipologia di esperienza all’interno di una tendenza che vede proliferare monete locali, circuiti di credito commerciale socialmente controllati, sistemi di ricompensa e persino crypto coin (fenomeno, quest’ultimo, che esula dalle considerazioni del presente articolo[1]). Pare che siano più di 5.000 nel mondo, dato non facile da verificare ma indicativo di un certo fermento dovuto al fatto che, storicamente, le crisi finanziarie profonde danno origine a situazioni in cui il denaro non è speso e i debiti non vengono saldati.
Significa che delle tre funzioni che il denaro ha – unità di conto; mezzo di pagamento; immagazzinamento del valore – la funzione di immagazzinamento di valore prende il sopravvento, con le nefaste conseguenze cui stiamo assistendo, soprattutto in termini di mancanza di liquidità.
Dinanzi alla crisi, che non è solo finanziaria e determina situazioni evidentemente non vantaggiose per molti, si attivano forme di economia collaborativa che, oltre a promuovere innovative pratiche di condivisione, affitto, scambio, vendita, sollecitano nuove considerazioni sui paradigmi della finanza e dell’economia tramite la costituzione di camere di compensazione dei debiti e crediti reciproci, che facilitano gli scambi ed i pagamenti tra imprese assumendo funzione di moneta complementare e sociale.
Uno dei principi economici alternativi che vanno in questa direzione è quello del clearing, inteso come effettuazione periodica della chiusura dei conti monetari, ovvero come compensazione tra debiti e crediti all’interno di un contesto e di un periodo definito. Il clearing come fine consente alla moneta di funzionare come mezzo di scambio ma non come riserva di valore, e la sua applicazione consensuale rende possibile una delle condizioni fondamentali per l’esistenza delle monete complementari, ovvero il fatto che esse non possano essere considerate come strumento per l’accumulazione di posizioni di pressione economica e per la conseguente perpetuazione di squilibri fra i partecipanti alla comunità di scambio. Il consenso sulla sua applicazione in dimensioni territoriali e temporali definite sta originando numerose forme monetarie complementari alle valute officiali (significa che non si sostituiscono, ma circolano accanto ad esse), variamente etichettate come monete complementari, parallele, finalizzate, locali, sociali, di mutuo aiuto, cooperative, di comunità.
Le monete complementari locali sono concepite innanzitutto come uno strumento di gestione del circolante in un contesto di crisi in cui il circolante tende a non circolare, ed alcune esperienze si sono rivelate capaci di radicarsi a livello locale.
Il modello più noto è quello del circuito Wir (http://www.wir.ch) nato in Svizzera nel 1934 con l’intento di limitare gli effetti della Grande Depressione sulle piccole e medie imprese. Si tratta di un sistema di scambio tra imprese – quindi di un modello B2B (business to business) – per facilitare i trasferimenti tra le unità produttive e commerciali attraverso la compensazione multilaterale dei debiti e dei crediti. Questo meccanismo permette di ottimizzare la gestione della liquidità. Le unità produttive possono ottenere sin da subito un saldo di compensazione positivo nel momento in cui vendono beni o servizi agli altri membri del circuito. Acquisiscono in questo modo un credito Wir che ha la funzione di mezzo di pagamento. Questo circuito permette alle imprese che hanno un eccesso di produzione di entrare in contatto con altre imprese che necessitano di quei beni. L’ufficio centrale – che svolge la funzione di camera di compensazione – stabilisce i limiti del credito che può essere concesso ad ogni impresa. Oggi il circuito Wir è divenuto anche una banca soggetta alla legge svizzera, nonostante le sue emissioni non siano né garantite, né convertibili in moneta legale, cioè in franchi svizzeri. I prezzi di tutti i beni e servizi sono espressi in termini di “Wir credit”. L’ utilizzo del circuito Wir segue una tendenza contro-ciclica rispetto all’andamento dell’economia svizzera: quando la circolazione del franco rallenta, a causa per esempio di una crisi economica, la circolazione in Wir aumenta. Ne consegue che, in questo caso, la moneta locale contribuisce alla stabilità dell’economia (T. Studer, 2006 e S. Lucarelli 2015).
È questo il modello su cui si è costruita e diffusa una più recente esperienza, partita dalla Sardegna e in via di diffusione in altre regioni italiane (http://www.sardex.net/gruppo/) e che dal 2016 funzionerà anche in Umbria, promosso da Link3C (http://www.link3c.it), società cooperativa iscritta al Registro delle Imprese Start Up Innovative della Camera di Commercio di Perugia.
Analogamente a quelli del circuito Sardex.net, gli obiettivi del circuito Umbrex saranno quelli di potenziare le comunità, aumentare la prosperità, stimolare le spese nella regione Umbria.
La regolazione delle compravendite avviene tra i membri del circuito e mediante l’utilizzo di crediti Umbrex . Il rapporto con la valuta ufficiale è di 1 a 1. All’atto di iscrizione ogni aderente diventa intestatario di un conto e di una linea di credito ad interesse zero, oltre ad una carta per gli acquisti all’interno del circuito. Il portale online consente a tutti gli iscritti di creare un profilo attraverso il quale poter comunicare tutte le informazioni sulla propria attività, descrivere il proprio prodotto, cercare le altre imprese iscritte per poi successivamente effettuare tutte le transazioni concordate tra le parti; tuttavia non è esclusa la gestione di relazioni offline. Ogni impresa ha a disposizione un broker che consiglia e gestisce le transazioni e cerca di facilitare gli scambi tra le imprese, a partire dall’analisi delle posizioni di debito e credito nel circuito: è necessario che la crescita del numero di transazioni proceda di pari passo con il mantenimento di un livello regolare di credito in circolazione. L’idea è infatti quella di mantenere una massa monetaria pro-capite stabile in grado di sostenere il volume ed il numero delle transazioni. Le linee di credito sono erogate avendo come collaterale un insieme di beni messi a disposizione dall’azienda che aderisce al circuito. In prima approssimazione possiamo immaginare il collaterale come se fosse il magazzino dell’azienda. Se tuttavia la posizione debitoria non viene coperta entro dodici mesi attraverso la vendita di nuove merci e quindi l’ottenimento di crediti sufficienti, questa deve essere coperta in euro, salvo accordi specifici tra i gestori del circuito e l’azienda in difficoltà. Nel caso in cui ciò non avvenga viene avviata la normale procedura di recupero crediti. Si tratta evidentemente di casi estremi, che di fatto sono sempre stati evitati nei circuiti già attivi attraverso l’operato degli advisor commerciali, che si occupano di far entrare nel circuito potenziali acquirenti dei prodotti forniti dall’impresa in condizioni di eventuale difficoltà nel saldare i debiti contratti nei confronti del circuito[2].
Ci troviamo dunque dinanzi ad un circuito di credito locale business-oriented consapevole del ruolo rilevante che assume la domanda effettiva esprimibile localmente, per potenziare la quale vengono attivate anche modalità business to employee (B2E), che offrono ai dipendenti delle aziende iscritte al circuito di aderire su base volontaria a Umbrex, creando un proprio conto personale su cui ricevere parte dello stipendio, bonus, anticipazioni salariali o rimborsi. Nel caso in cui, ad esempio, un dipendente avesse bisogno di un anticipo per affrontare una spesa improvvisa può ricorrere al circuito Umbrex ed evitare di attingere dai propri risparmi o rivolgersi a finanziarie che richiederebbero interessi elevati; il datore di lavoro che anticipa lo stipendio sotto forma di crediti Umbrex ne avrà un beneficio in termini di risparmio monetario nei mesi successivi; il sistema inoltre ne beneficerà nel suo complesso perché i crediti Umbrex ottenuti dal lavoratore verranno, spesi nel circuito locale. In tal modo i lavoratori e le imprese lavorano fianco a fianco con l’obiettivo di restituire potere d’acquisto, rafforzare la domanda locale e contribuire così alla ripresa ed al rafforzamento del tessuto economico regionale.
Oggi il “Gruppo Sardex” costituisce una realtà di estremo interesse nel mondo imprenditoriale italiano ed europeo, non solo in termini economici (nel 2014 solo in Sardegna sono stati scambiati beni e servizi per un valore superiore ai 30 milioni di euro) ma anche in termini di innovazione locale, considerando che i circuiti di credito reciproco commerciale rappresentano, in sostanza, forme di creazione endogena di denaro con funzione esclusiva di unità di conto e di mezzo di pagamento rispondente all’emergere di bisogni rilevati nei territori che li ospitano.
Questa forte considerazione delle economie locali riapre il rapporto fra moneta e comunità: la moneta non è lo strumento per costruire comunità ma è certamente una via, e non la meno importante, per rafforzare e rendere emblematicamente e simbolicamente visibile il legame sociale e di solidarietà fra i membri di una comunità sul piano degli scambi.
Quando in Umbria parliamo di Umbrex non parliamo di ritorno alla lira, di alternative all’euro, di ritorno al baratto, di moneta con accezione indipendentista e xenofoba, ma parliamo di un modello che consideriamo tra quelli che si candidano a caratterizzare le sembianze del futuro del nostro sistema economico-commerciale, che a detta di un numero sempre più ampio di studiosi e practitioner sarà caratterizzato da una convivenza pacifica, di cooperazione tra monete ufficiali e monete complementari” (B. Lietaer, M. Kennedy, 2012). In questo senso si parla di Ecologia del Denaro (Lietaer, Ulanowicz et al. 2009 and 2010): in contrasto con la “monocoltura” delle valute nazionali (che è chiaramente non attuabile di per sé), un ecosistema sostenibile di monete può mostrare maggiore resilienza nel fronteggiare le recessioni economiche; una vivace diversità di valute e monete è più probabile che ci protegga dalla recessione, piuttosto che l’affidarsi a una singola monocoltura monetaria che può non andare a buon fine (North, 2012).
E’ così possibile immaginare uno scenario in cui un utilizzatore intraprende un’attività commerciale con il denaro convenzionale, e impegna la sua attività professionale con una moneta complementare, mentre scambia punti guadagnati attraverso lavoro volontario svolto nel tempo libero utilizzandoli per acquisire servizi pubblici, potendo infine aggiungere sistemi proprietari, come quelli delle ricompense a punti (quando si vola o si fa la spesa al supermercato) che potrebbero essere gestiti nello stesso portafoglio digitale multi-valuta.
Le quattro monete – valuta convenzionale nazionale (ovvero sovranazionale, ad es. l’euro) valuta complementare di credito commerciale, riconoscimenti di crediti sociali, ricompense a punti – potrebbero così coesistere.
Il valore che sottende a questo modo di fare è quello di permettere agli utilizzatori di queste monete complementari di impegnarsi pienamente nella vita socio-economica da loro scelta, sostituendo le logiche delle economie di scala con quelle dell’economia di relazione.
E quando parecchie migliaia di persone decidono di impegnarsi nelle questioni relative al controllo del credito e alla gestione della sua distribuzione, il denaro diventa non solo un mezzo di scambio ma anche lo strumento più versatile per impegnarsi nella vita sociale e politica.
Tramite questo impegno si crea un valore, che è dato dal capitale sociale, che promuove anche lo sviluppo economico in maniera etica.
[1] L’esempio più conosciuto è quello di Bitcoin, che ha funzione di valuta parallela, convertibile e soggetta a dinamiche speculative. A differenza della maggior parte delle valute tradizionali, Bitcoin non fa uso di un ente centrale: utilizza un database distribuito tra i nodi della Rete, che tiene traccia delle transazioni, e sfrutta la crittografia per gestire aspetti funzionali come la generazione di nuova moneta e l’attribuzione di proprietà dei bitcoin. Per approfondimenti: http://dcentproject.eu
[2] Va comunque sottolineato che le linee di credito sono contenute: si va da un minimo di 1.000 crediti ai 20.000 crediti. Cfr. Federica Mellone, Le “monete complementari”, uno studio introduttivo, Università di Bergamo, Tesi di laurea A.A. 2012-13.
Bibliografia consultata
Amato M. (2008). Le radici di una fede. Per una storia del rapporto tra moneta e credito in Occidente, Bruno Mondadori, Milano
Amato M., Fantacci L. (2010). Fine della Finanza, Donzelli Editore, Roma
Amato M., Fantacci L. (2012). Come salvare il mercato dal capitalismo, Donzelli Editore, Roma
Amato M., Fantacci L. (2014). Moneta complementare, sai cos’è? Bruno Mondadori, Milano
Blanc, J. (2001). Les monnaies parallèles, L’Harmattan, Paris
De Toffol F., Valastro A. (2012) Dizionario di Democrazia Partecipativa – Centro Studi Giuridici del Consiglio Regionale dell’Umbria http://centrostudi.crumbria.it/dizionario/home
Fantacci L. (2005). La moneta. Storia di un’istituzione mancata, Marsilio, Venezia
Liaeter B., Kennedy M. (2012). People Money: The Promise of Regional Currencies, Triarchy
Press, Axminster UK
Lucarelli S., (2015) Abstract della partecipazione al convegno “Nuovi strumenti per una nuova economia: Circuiti di credito reciproco e Patti di collaborazione”, Perugia 20 Febbraio 2015
North P. (1998). LETS, Hours and the Swiss Business Link: local currencies and business
development programmes, Local Economy vol.13 n.2
North P. (2012). Moneta Locale. Manuale pratico della transizione, Il Filo Verde di Arianna
Fabiola De Toffol è Project Management Professional (PMPâ) e facilitatrice di processo, consulente in materie comunitarie e Project Cycle Management. E’ senior partner di studiop3 Poliedra Progetti in Partenariato. Nel 2014 è socio fondatore di Link3c, società cooperativa che gestisce il Circuito di Credito Reciproco Commerciale Umbrex.