“I giovani sono inclini al desiderio e portati a fare ciò che desiderano”
(Aristotele)
Negli ultimi trenta anni, nelle società occidentali, con l’avvento della globalizzazione l’adolescenza è stata oggetto di studio, di riflessione e di ricerca in vari ambiti, che spaziano dalla psicologia del ciclo di vita alla psicopatologia dell’età evolutiva, dalla psicoanalisi alle neuroscienze, dalla sociologia agli studi antropologici.
Mai come in questo periodo storico l’adolescenza è stata studiata e analizzata, non solo negli ambiti suddetti, ma anche in maniera massiccia e incisiva dal mercato dei consumi e dai mass media per individuarne e spesso manipolarne i bisogni.
Ripercorrendo le analisi di storia dell’adolescenza, dal Medioevo e prima ancora dalle civiltà greca e romana, ci si accorge che quello che è cambiato nel tempo non è tanto la sua durata (a Roma ad esempio si era puer fino ai 15 anni e l’adulescentia andava dai 15 ai 30 anni), ma il modo di come si diventa adulti e i contenuti della formazione.
Nella società greca al centro del percorso di crescita dell’adolescente maschio c’era imparare a combattere (il kouros omerico era un guerriero adolescente), a cacciare, a cavalcare, sviluppare abilità per difendersi, attaccare, procurarsi di che vivere.
All’educazione militare, (che ben altro significato rivestiva allora, da quello che emerge oggi nelle immagini agghiaccianti dei ragazzi soldato addestrati ad uccidere in nome di fanatismi di distruzione e di morte) si affiancava nella società ateniese una formazione culturale attraverso un precettore, all’educazione del corpo si univa quella dello spirito, con la scrittura, la filosofia, la musica e i giochi.
Nel Medioevo persiste questo fine educativo: diventare cavalieri con il mandato aggiuntivo, rispetto al passato, di proteggere la Chiesa e difendere la fede, una sorta di missione di lealtà, coraggio e sprezzo del pericolo, che doveva assicurare la difesa della società e della Chiesa e anche una sorta di ascesi verso il ruolo sessuale nei maschi, alla conquista non solo di territori e potere, ma anche delle donne, per l’affermazione della supremazia sessuale.
La conflittualità fra educazione religiosa e impulsività sessuale e sregolatezza assume dal Rinascimento in poi una maggiore evidenza. Shakespeare infatti scriveva nel Racconto d’inverno: «Vorrei che non ci fosse età di mezzo fra i dieci e i ventitre anni o che la gioventù dormisse tutto questo intervallo, poiché non c’è nulla in codesto tempo se non ingravidare ragazze, vilipendere gli anziani, rubare e darsi legnate».
Nel XIX secolo nasce l’adolescente moderno che è soprattutto uno studente, il cui compito fondamentale è l’apprendimento e l’istruzione o un apprendista che comincia a lavorare nelle fabbriche o in piccoli laboratori, un adolescente ribelle, che beve, impreca, fuma, anticipatore di quei comportamenti trasgressivi che ritroveremo nei ragazzi di strada delle epoche successive. Il Lucignolo di Pinocchio resta ancora il ritratto emblematico dell’adolescente inquieto e senza riferimenti, in fuga perenne da ogni legame e istituzione.
Quali tracce restano oggi di questa storia adolescenziale qui sinteticamente ripercorsa? L’adolescente degli anni 2000 che legami conserva con i suoi antenati? Quell‘ «ambiguo impasto di fragilità e spavalderia», come scrive Gustavo Pietropolli Charmet, che caratterizza molti adolescenti attuali, che parentela o distanza ha con «i giovani riscaldati dalla natura» come li definiva Aristotele? Come già si è detto, la psicoanalisi dell’adolescenza e la neuropsicologia dell’età evolutiva in questi anni hanno dato un grande contributo alla conoscenza dei fattori ambientali, socio-familiari e ai contesti di vita in cui respira, pensa e sente l’adolescente.
In particolare, a tali scienze, va il merito di aver studiato e fatto ricerca sulle ragazze adolescenti, così dimenticate o appena intraviste nelle epoche precedenti, i loro ritratti di inquietudine, smarrimento, slanci vitali e autodistruzione oggi ci colpiscono, attirano l’attenzione del mondo degli adulti in vari modi: dalle giovani anoressiche alle prese con l’incedere ansiogeno della pubertà alle sedicenni depresse recluse in casa a quelle che segnano il loro corpo con tagli e piercing per evidenziarne provocatoriamente il ruolo di campo di battaglia nel processo di crescita alle lolite disposte a vendere il corpo stesso mercificato e quindi come tale annullato e calpestato nel suo significato simbolico.
Oggi si sa molto di più sui cosiddetti “compiti di sviluppo” dell’adolescenza, essi sono stati individuati, elencati e studiati nella loro complessità e importanza, ne elenchiamo i principali perché essi riflettono in parte il fatto di essere determinati biologicamente in parte di essere dettati dalla cultura del gruppo umano di appartenenza.
L’adolescente dunque deve mentalizzare il corpo che cambia accettandone la maturazione sessuale, deve sviluppare una capacità autoriflessiva e una coscienza critica, deve acquisire un certo grado di autonomia individuale e sociale, deve impadronirsi del pensiero ipotetico, introiettare un sistema di valori ed una coscienza etica…ecc.
Nonostante questa individuazione dettagliata, gli adolescenti di oggi spesso sembrano disattendere i loro “compiti di sviluppo” per molteplici e complesse ragioni.
Nell’ “Epoca delle passioni tristi” con adulti sempre più preoccupati del futuro, sempre più instabili e precari da vari punti di vista, con una scuola che vacilla nella sua funzione educativa e nel suo significato etico e simbolico, con scenari inquietanti sulle identità individuali e collettive, l’adolescente di oggi si è sempre più convinto che «il sé è più importante del culto e della devozione dell’altro da sé» (Pietropolli Charmet).
Il novello Narciso, intento al culto di sé, senza riferimenti istituzionali rigidi e precisi, con poche norme da rispettare, con scarsa motivazione a contestare le leggi degli adulti, corre seri rischi di perdersi nel suo percorso di crescita, di identificare nei suoi bisogni personali l’unica o la principale ragione di vita. Così autocentrato, tollera male la frustrazione e i sentimenti della rabbia e della vergogna lo invadono, a volte con serie conseguenze per lui e per gli altri. Anche la noia si affaccia spesso nella sua vita, per quel troppo presto e subito che ha caratterizzato e caratterizza la soddisfazione dei suoi bisogni, spesso soddisfatti senza lotta, senza fatica, senza desiderio.
Accanto al mito di Narciso evocato per rappresentare metaforicamente l’adolescente di oggi, un‘altra figura chiave viene evocata per indicare lo stato psichico, sociale e culturale degli adolescenti odierni: la figura di Telemaco, il figlio che aspetta il ritorno del padre Ulisse dalla lunga guerra per conquistare Troia. Telemaco simboleggia l’assenza del padre, il bisogno che si ripristini il padre non come padre-padrone, ci dice Massimo Recalcati, ma come padre “testimone” del passaggio all’età adulta, della possibilità di vivere, da giovani, con desideri, responsabilità, progetti per il futuro. E questo in una realtà dove i giovani sono destinati ad ereditare ben poco di buono (disastri ambientali, clima impazzito, dissesti economici, dipendenze patologiche, abusi di potere, corruzione e via dicendo).
Su questa attesa ci fermiamo, su Telemaco che scruta il mare, un mare dal quale oggi vediamo arrivare naufraghi vivi e morti, da paesi che un tempo ritenevamo tanto lontani. Su questa attesa si gioca oggi il destino delle generazioni future nella speranza di recupero di padri testimoni, in grado di donare di nuovo il desiderio e la sua Legge perché, sempre citando Massimo Recalcati, «è questo il vero e unico regno che può essere trasmesso da una generazione all’altra.»
Maria Celeste Pierantoni. Neuropsichiatra Infantile. Ha lavorato come responsabile di un servizio pubblico nell’ambito della sua specializzazione, con una formazione specifica sull’adolescenza. Si occupa di formazione e consulenza per insegnanti e genitori sulle problematiche del disagio adolescenziale. Vive e lavora fra Orvieto e Viterbo.