Dal 1969, una storia di passione popolare per l’identità storico-religiosa dell’Umbria.
“È antica usanza del castello la sera della vigilia dell’Assunta radunarsi tre compagnie di secolari alla Madonna Serraglio con molti devoti e clero fanno un lume intorno al castello e se vanno fino alla chiesa di Sant’ Agostino poi in piazza sempre cantando litanie arrivati alla chiesa parrocchiale limosinano i lumi e se ne vanno a casa. La mattina della detta festa dell’Assunta le tre compagnie acompagnano coli medesimi lumi la processione che si fa portando intorno al castello un’immagine della Madonna di rilievo in compagnia del clero che si trova in detto castello cantando inni”
(ADPg, Visitationes X, Inventari, PSS, 1593, Notula di tutte le chiese, oratori, Madonne, Maestà, Hospitali, Fraternite et altari che sono nella cura della parrocchia del Castello di Corciano)
Una delle caratteristiche delle feste e dei cortei storici più antichi dell’Umbria, è quella di aver stimolato negli anni percorsi di ricerca storica molto importanti, che, di pari passo ai ritrovamenti documentari o alle letture storico-culturali, hanno permesso alle comunità locali di avere una conoscenza del loro passato sempre aggiornata e popolare, ovvero, diffusa tra i non specialisti. Questo è accaduto anche a Corciano, dopo che don Franco Pulcinelli (Castiglione del Lago 1930 – Perugia 2008) e altri parrocchiani appassionati, nel 1969, ideò il Corteo storico del Gonfalone. Fin da subito, dalla pubblicazione con il ciclostile dei “Quaderni dell’Agosto Corcianese”, agli studi diffusi nei programmi, nei cataloghi delle mostre, nei convegni e nelle conferenze, il Corteo ha camminato di pari passo con la ricerca sulla memoria identitaria di Corciano, divenendo l’uno lo specchio iconografico dell’altro. È un caso felice il documento del 1593 che ho trascritto all’inizio di questo articolo, non ancora conosciuto quando nacque la festa.
Il corteo, da svolgersi nel giorno dell’Assunta, fu pensato per unire due capolavori identitari di Corciano: il Gonfalone depulsores pestilentiae di Benedetto Bonfigli, e la pala che Pietro Vannucci, il Perugino, consegnò a Corciano per celebrare la Madonna di mezz’agosto dell’anno 1513. La fede mariana e l’amore per il proprio borgo, come intuibile, si univano alla speranza di raccontare e far ammirare, anche attraverso la suggestiva cerimonia del corteo storico, le bellezze e i monumenti di Corciano allora per lo più sconosciuti: era un invito a scoprire, luoghi, vie e vicoli, e con essi i personaggi che li avevano frequentati e animati, lasciando tracce di memoria antica o recente.
La strada intuita nel 1969 era quella giusta: ricreare un itinerario del sacro in memoria delle processioni medievali nate a scopo preventivo e/o terapeutico al fine di porre sotto la protezione della Vergine patrona, le vie, perfettamente riconoscibili e identificabili e il popolo che qui vive ed opera, accompagnato dal clero e dalle confraternite secolari. Il documento del 1593 ha solo evidenziato che ad essere condotta in processione per la festa dell’Assunta fosse una scultura della Vergine e non il Gonfalone della Mater misericordiae.
Il gonfalone di Bonfigli non veniva “cavato” durante la festa patronale ma per motivi straordinari, per scongiurare emergenze sociali come carestie, pestilenze, siccità, terremoti od altre calamità naturali, senza dimenticare le guerre. Nel gonfalone di Bonfigli, sul manto aperto come un ombrello a protezione di chi si affida a Maria, si abbatte l’ira divina personificata dall’Eterno adirato e dalle frecce; i due santi intercessori, il doctor ecclesiae Agostino d’Ippona, titolare della chiesa dei frati Agostiniani per cui la pittura fu eseguita, e il taumaturgo Sebastiano, si rivolgono alla Vergine nel consueto tacito parlare: «Santa Maria succurre miseres, iuva pusillanimes, refove flebiles, ora pro populo tuo» e «O Maria flos Virginum velut rosa, vel lilium, funde preces ad filium pro salute fidelium». A questi cartigli si ispira la Lauda che nel dipinto, un magistrato recita alla fine del corteo a nome dell’intera comunità.
Il titolo della mostra, Communitas et Homines insignis oppidi Curtiani, che sarà aperta dal 4 al 15 agosto nella Sala dell’antico mulino, è tratto dall’intestazione del censimento catastale della comunità (ASPg, Catasti, III, 39, 37), ed è stato scelto poiché esplicativo dell’idea che il corteo vuole tradurre: la collettività nella propria interezza costituita da oratores e bellatores, chierici e laici, priori, massari e sindacatori, musici e araldi, nobili e popolani, borghesi e artigiani, uomini e donne, anziani e fanciulli, rei e peccatori che si affidano al divino in attesa della grazia. Le cinquanta immagini, reperite negli archivi dell’Associazione turistica Pro Loco Corcianese, da sempre organizzatrice dell’evento, del Comune di Corciano, primo sostenitore, e di varie famiglie locali, permettono di calarsi all’interno del corteo facendone rivivere emozioni, sentimenti e spaccati di storia.
Proiezioni e ricostruzioni d’ambiente contribuiscono a ricreare la magia di un passato che si fonde col presente. Al suono squillante dei trombetti e del rullare dei tamburini al soldo della Comunità, attraverso le strade e le viuzze di Corciano colorate dalle variopinte bandiere rionali, sfilano i circa trecento figuranti abbigliati in costumi tardo quattrocenteschi, confezionati dalle abili mani delle donne e dagli artigiani locali.
Partendo dal convento di Sant’Agostino, luogo per il quale nel 1472 – come attesta il registro delle Riformanze, esposto presso il Centro espositivo permanente sulla cultura medievale e rinascimentale, nel Torrione di Porta Santa Maria – la Comunità fece realizzare dal pictor urbis, Benedetto Bonfigli, il Gonfalone di Corciano, la processione si conclude in piazza Coragino. Questa è intitolata al mitico fondatore di Corciano, troiano compagno del greco Ulisse, a sua volta fondatore di Perugia, secondo quanto narrato nella trecentesca leggenda araldica de Il Conto di Corciano e di Perugia, all’ombra della chiesa plebanale di Santa Maria Assunta, dove dimora la Pala dell’Assunta di Perugino.
Il rituale apotropaico e di protezione del sacro “cavato” dal proprio tempio e condotto per le strade della quotidianità, è scandito dalla muta preghiera del popolo che sfila rispettando le rigide gerarchie del tempo. Durante il corteo, l’itinerario tocca le antiche partizioni del castello di Corciano: il Borgo, subito fuori porta Santa Maria; la Forma, la Fratta, il Castel vecchio e il Girone interni alle duecentesche mura. Sono rappresentati dai propri araldi i rioni di Corciano vecchio, luogo che dista circa un chilometro dove, attorno alla pieve di Santa Croce, fu eretto l’antico insediamento citato dalle fonti catastali, e quello del Serraglio dove sono edificate la chiesa di Santa Maria del Serraglio, costruita inglobando un’edicola di trivio lustrata da una Madonna con bambino marciante del tardo Trecento, e il complesso di San Francesco, oggi uno dei musei che custodisce numerose preziosità territoriali.
Oltre che da colori propri, ogni rione è connotato da un emblema. Il Borgo ha come stemma il Torrione di Porta Santa Maria, eretto nel 1482 su disegno di Pietro Lombardo, da Bartolo di Meo Lombardo, sicuramente entrambi membri della corporazione perugina dei lombardi che operò a Perugia e in Umbria tra il XV e XVI secolo, ottenendo importanti commissioni civili, religiose e militari. L’erezione di questa fortificazione bastionata o alla moderna ha mutato l’aspetto del lato meridionale del castello modificando l’immagine immortalata dal Bonfigli nel Gonfalone. Il quartiere della Forma è rappresentato da un Leone in memoria delle due fiere citate nel Il Conto e oggi conservati presso l’Antiquarium. Nello stemma della Fratta è impresso il corniolo dei signori della Corgna che in questo rione possedevano molti beni. Di recente scoperta è, infatti, l’appartenenza alla famiglia di un bel palazzo ubicato a poca distanza dall’abside della chiesa parrocchiale che, all’interno, presenta resti di affreschi nei quali campeggia lo stemma cardinalizio di Fulvio e, sull’architrave della porta d’ingresso, l’emblema lapideo dei Medici, alleati della famiglia della Corgna. Il Girone è contraddistinto dal simbolo dell’antico pozzo scavato nel 1493; il Castel vecchio è contrassegnato dalla torre comunale, una delle prime del contado perugino ad essersi arricchita del meccanismo dell’orologio (1453); il Serraglio è rappresentato dall’omonima chiesetta dedicata alla madre di Cristo; il rione Santa Croce è delineato dallo stemma dei Rotelli. La famiglia che ha dato i natali a Luigi (Corciano 1833 – Roma 1891), vescovo di Montefiascone, creato cardinale da papa Leone XIII tre mesi e mezzo prima della morte, aveva qui vasti possedimenti.
Il Conto narra anche dell’origine dello stemma di Corciano che apre il corteo accanto alla chiave della sua porta principale. Fu il paladino di Francia, Orlando, a donare la sua arme che divenne emblema della Comunità. Il cavaliere, che stava andando a liberare il paladino e cognato Olivieri tenuto prigioniero a Perugia da Aregoglioso, passando di qui, si imbatté in Cornaletto, signore di Corciano e ultimo discendente del fondatore Coragino, che lo sfidò a duello. Il paladino accettò proponendo, però, che in caso di sua vittoria lo avrebbe battezzato. Naturalmente Orlando vinse e Cornaletto divenne il primo cristiano di Corciano; egli, però si era così distinto nella giostra che il paladino volle donargli la sua arme: uno scudo inquartato di rosso e argento.
Alcune memorie lapidee corcianesi raccontano l’origine degli stemmi delle corporazioni delle Arti e dei Mestieri, regolatrici della vita civile comunale medievale. Le tre principali, ubicate lungo corso cardinale Rotelli, la via principale di Corciano, sono i sarti, il cui emblema è ripreso da quello ancora visibile sulla chiave di volta dell’antico ingresso alla sede; i macellai, il cui stemma compare invece tra quelli dello straordinario sepolcreto ancora visibile all’interno della chiesa di San Francesco di Corciano, e i lanai. Sfilano con l’araldo, i rappresentanti e i priori che, secondo quanto stabilito dallo Statuto del 1560, durante le festività di mezz’agosto, erano obbligati ad offrire un cero alla chiesa parrocchiale. L’oblazione viene rievocata, secondo quanto racconta il documento del 1593, con una solenne luminaria dopo i vespri della sera della vigilia. Le arti offrono alla chiesa madre i frutti del proprio lavoro, ovvero tagli di stoffe di velluto, damasco e finissima bambagina; un gustosissimo maialino allevato specificatamente per questa solennità cucinato alla porchetta e fiocco di purissima e pregiatissima lana tinta in guado, colorante coltivato nella piana corcianese.
Come evidenziato anche nel documento del 1593, ruolo di prim’ordine nella Corciano medievale era svolto dalle confraternite, associazioni laicali a scopi benefici e caritativi. Loro emblema è una croce coperta da preziosi velluti chiamata benda. Le bende, di grande valore artistico e storico, sono portate dai confrati, vestiti con le caratteristiche tonache e mantelline colorate, alternati a fanciulli che recano insegne e vessilli. In memoria di quelle più antiche della Rosa, del Gallo e del Giglio, sfilano le confraternite ancora oggi esistenti, seguendo il calendario liturgico delle festività religiose. La prima è quella intitolata a sant’Antonio abate, alla quale si rivolgevano rurali e contadini, già attestata nel 1452. Ha sede nell’omonima chiesa, primo insediamento religioso del castello di Corciano, costruita su una struttura preesistente, una sorta di fabrica annessa ad un palatium alto medievale o antecedente, che la tradizione identifica con il palazzo di Coragino, citato ne Il Conto. Seguono la confraternita di san Sebastiano e Rocco che ha sede nella chiesa di Sant’Agostino, rivolta all’assistenza dei malati, soprattutto in tempi di calamità e quella dell’Orazione e Morte, ubicata all’interno della chiesa di Santa Maria del Serraglio, che aveva come scopo quello di garantire a tutti l’ultimo viaggio verso il cimitero e il seppellimento. I confrati hanno il volto velato da un panno detto buffa per celare il volto di chi compiva quell’atto di carità. Sfila, a seguire, la confraternita del santissimo Sacramento che ha sede nella chiesa di San Cristoforo, eretta sulla sommità dell’insediamento al posto dell’arco di grandi dimensioni, effigiato da Bonfigli nel Gonfalone, imponente accesso al primo nucleo del castello. Questa era dedita al culto della preziosa Particola ed amministrava i beni dell’ospedale comunitario che aveva sede nel bel palazzo, subito fuori Porta Santa Maria, dove è incorporata la chiesetta della Mater Salvatoris, decorata con un pregevole affresco di Ludovico di Angelo di Baldassare del 1494. Concludono la confraternita di sant’Antonio da Padova, la cui dimora è nella chiesa di San Francesco, che si occupava di dotare le ragazze povere e, per questo, era detta la “compagnia delle zitelle” e quella di san Giuseppe, che ha sede nella chiesa di Santa Maria del Serraglio e si occupava, per conto della Comunità, dell’educazione scolastica dei fanciulli. Dietro ogni confraternita sfilano i rispettivi priori e soprastanti.
La strada del Gonfalone, portato in spalla da quattro valletti comunali con abito inquartato bianco e rosso, è aperta dai francescani e dagli agostiniani, ordini mendicanti attestati a Corciano fin dai primi del XIV secolo. Serti, tralci e cestini di fiori, musici con i loro strumenti antichi, buccine e araldi del Comune, celebrano la solennità e salutano la chiesa madre, pievania di un amplio territorio, rappresentata dal clero corcianese, guidato dal parroco accompagnato da monsignor Jacopo Vagnucci (Cortona 1416 – Corciano 1487), vescovo di Perugia, particolarmente legato alla terra di Corciano. Infatti, fin dal 1453, aveva promosso lo sviluppo di un florido centro agricolo attorno alla residenza di Pieve del Vescovo, l’elegante fortilizio situato nelle pertinenze territoriali comunitarie, più tardi completamente restaurato dal cardinale Fulvio della Corgna (Perugia 1517 – Roma 1583), dove si ritirò a vivere dopo aver lasciato la cattedra di Perugia al nipote Dionigi, nel 1482.
Seguono le magistrature civili, che Corciano, libero comune dal 1242, eleggeva autonomamente, e il Capitano del Contado, rappresentante della dominante Perugia, con una piccola scorta armata. Le cariche pubbliche corcianesi venivano designate attraverso l’elezione a Briscioli, cioè attraverso designazioni fatte da tutti gli allibrati. Gli eletti erano: due priori o massari, un tesoriere, due sindacatori e due stimatori; queste autorità dovevano rendere conto al Capitano del Contado, magistratura che dal 1428 aveva il compito di esazione fiscale e quello del mantenimento dell’ordine pubblico per conto della dominante Perugia. Questi è riconoscibile per avere il grifo rampante preziosamente ricamato nel mantello. Anche l’origine del grifo come emblema dell’augusta città è ricordata ne Il Conto, donato dal paladino Olivieri, liberato da Orlando con l’aiuto di Cornaletto, che sposò la discendente troiana Presemana.
All’ombra del Gonfalone, quasi a sancirne la più alta protezione, sfilano la nobiltà e l’alta borghesia, connotati dallo stemma del casato portato in petto dai cavalieri che accompagnano le dame riccamente vestite.
Corciano, come svelano le fonti catastali, è sempre stato uno tra i comuni più ricchi del contado perugino e contava tra le sue fila un nutrito numero di personaggi di alto rango. Inoltre ha dato i natali a pittori, notai, medici, guerrieri che hanno avuto risonanza soprattutto nella vicina Perugia. Tra le famiglie più importanti quattro-cinquecentesche si ricordano i della Calcina, i Doni, i della Corgna, i Ballarini, gli Speziali, i Laudati. Molti cives perusini, inoltre, avevano beni e residenze nel territorio del castello e partecipavano attivamente alla vita pubblica corcianese.
In un periodo di fortissimi contrasti che, aperti dall’assedio di Braccio Fortebraccio da Montone (Perugia 1368 – L’Aquila 1424), a cui Corciano resistette tanto da meritarsi l’esenzione pontificia dalla tasse per un lustro, interessarono il territorio sia nella contrapposizione tra le varie fazioni perugine, che nel vacillare del delicato sistema di alleanze che Perugia aveva con altre città, il castello fu anche rifugio di fuoriusciti perugini. Per questo, nel 1495, qui, ebbe luogo la famosa congiura di San’Agostino che vide come protagonisti i degli Oddi e i Baglioni. Grazie ai molti atti di valore e per i servizi prestati, numerose famiglie corcianesi acquisirono il diritto riconosciuto dalla magistratura perugina di fregiarsi di armi proprie. Segue il popolo costituito da piccoli artigiani, contadini e popolo minuto che colora e anima, con i propri doni, la solenne processione.
Il corteo si chiude con armigeri, alabardieri e soldati che assicurano pace e tranquillità al piccolo castello anche in una giornata di festa.
Secondo quanto disposto dallo Statuto perugino nel giorno della festa dell’Assunta, il Capitano del Popolo poteva concedere la grazia “pro amore Dei” a due condannati, rei di aver contravvenuto alle norme statutarie della Comunità di Corciano. Per tale motivo il corteo, poco prima dei vespri, si conclude con la liberazione di due prigionieri, con la solenne benedizione impartita dal pievano, con il volo delle colombe bianche e con il suono ruggente della Leona, la campana principale che, dall’ottocentesco campanile in cotto innalzato da Nazareno Biscarini (Perugia 1835 – 1907) su una duecentesca torre feudataria, forse appartenuta ai della Corgna, maestosa, scandisce il ritmo dell’antica festa che ogni 15 agosto, da cinquant’anni, si perpetua.
Alessandra Tiroli, Communitas et Homines insignis oppidi Curtiani. Il Corteo storico del Gonfalone 50 anni in 50 immagini, mostra fotografica, Corciano, Sala dell’antico mulino, 4-15 agosto 2018.