I’ mi volsi a man destra, e puosi mente
a l’altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch’a la prima gente.
Goder pareva ’l ciel di lor fiammelle:
oh settentrïonal vedovo sito,
poi che privato se’ di mirar quelle!
(Purg., I, 22-27)
Premessa
Il presente capitolo traccia una panoramica degli studi danteschi in Australia, con particolare attenzione a due aspetti complementari: i legami fra il Sommo Poeta e la comunità migrante italiana, da un lato, eil contributo di numerosi intellettuali anglofoni che da decenni si cimentano nell’esegesi, così come nella traduzione e divulgazione, dell’opera di Dante, dall’altro. In uno dei campus universitari di Melbourne è possibile scorgere un esempio tangibile di questa duplice presenza: davanti al Thomas Cherry Building, presso l’università di La Trobe a Melbourne, si innalza infatti una scultura oggi pressoché ignorata dalle torme di studenti che ogni giorno convergono – o convergevano, prima dei mesi nefasti del COVID-19 – sulla vicina stazione degli autobus. Si tratta di una vistosa piramide bronzea alta dieci metri, a base triangolare, realizzata fra il 1980 e il 1983 da Bart Sanciolo, uno scultore italo-australiano, e donata all’Australia dalla comunità italiana nel 1987. La scultura rappresenta su ciascun lato una cantica dantesca, con figure che affiorano dalla piatta geometria della superficie a esprimere, con aspro realismo, molteplici stati d’animo, seguendo una narrazione che procede con moto ascendente. Sanciolo, nato in Italia nel 1955, arrivò in Australia nel 1968, pochi anni dopo il boom migratorio che, dal 1941 al 1961,vide l’arrivo di 330000 connazionali, circa il 50% del totale dei migranti italiani in Australia dal 1876 al 1976.[1]
La scultura dantesca di Bart Sanciolo[2]
Il valore altamente simbolico attribuito al connubio fra Dante e la comunità italiana proviene dalla percezione del Sommo Poeta quale migrante per antonomasia, oltre che ambasciatore della lingua italiana, per la quale gli australiani continuano tuttora a nutrire un vivo interesse didattico, a livello scolastico, universitario o puramente dilettantistico. Ecco che l’esortazione dell’Ulisse dantesco, «Fatti non foste a viver come bruti”, apposta sulla placca commemorativa al monumento, diventa un appello alle nuove generazioni australiane perché sappiano accoglierne l’insegnamento.
Il dialogo fra Dante e le arti figurative in Australia è proseguito in questi ultimi decenni con un’esposizione di trenta artisti australiani contemporanei, dal titolo «Dante e l’Australia”, tenutasi nei Chiostri Francescani di Ravenna fra il 1 aprile e il 30 settembre 1993.[3]Tali opere hanno un significato particolare perché dimostrano come l’immaginario dantesco, promosso da tanta cultura popolare, abbia influito, ancor più che non il testo scritto, sull’ispirazione di artisti e scrittori australiani grazie, tra l’altro, alla rielaborazione figurativa carica di fisicità e inventiva onirica delle stupende illustrazioni di William Blake, di cui la Galleria Nazionale del Victoria a Melbourne conserva trentasei dei 102 acquarelli (1824-1827) dedicati al poema, acquisiti nel 1920, e 14 stampe donate tra il 1960 e il 1968.[4]Michael Curtotti puntualizza come l’influenza di Dante sia tuttora presente nell’arte figurativa australiana più recente: per esempio, nel 2014 uno dei pittori australiani più apprezzati, Garry Shead, ha esposto 21 quadri tratti dalla Divina Commedia, il risultato di un percorso artistico, spirituale, addirittura “medianico” con Dante e il suo mondo, dove l’aldilà viene raffigurato attraverso l’accostamento a luoghi australiani emblematici. La stessa complementarietà fra universo poetico trascendentale e realtà storica australiana si esprime in un altro noto artista australiano, Sidney Nolan, di cui rimangono 60 illustrazioni (1967-68), inquietanti rivisitazioni delle illustrazioni incompiute di Sandro Botticelli.[5]
Oltre all’aspetto iconografico, l’accostamento all’opera dantesca in lingua originale in Australia ha seguito le alterne fortune dell’italiano come lingua di studio. Mentre l’apprendimento dell’italiano era fin dai primi del Novecento largamente motivato da un’ascendenza famigliare italofona dei discenti, negli ultimi decenni il sensibile aumento della componente non-italiana, con competenze e motivazioni ben diverse, ha posto in discussione i consueti metodi didattici e ha spinto a ricercare nuove strategie. Se è vero che i discendenti degli italiani emigrati in Australia nel secondo dopoguerra sono circa 916000 secondo il censimento del 2016, solo 271597(l’1,2% della popolazione totale) continuano a parlare italiano in casa,[6] mentre il numero complessivo degli studenti di italiano a livello di istruzione obbligatoria o universitaria nel 2019 ammontava a quasi 340000 unità, su una popolazione complessiva di circa 25 milioni di abitanti (+8% rispetto al 2017/18), con una popolarità dell’italiano superiore a paesi come Francia, Germania, Stati Uniti o Argentina.[7]Il numero di studenti universitari è tuttavia piuttosto basso, aggirandosi sulle 2513 unità. In questo scarto di motivazione da parte degli utenti, non più identificabili con i soli discendenti degli italiani emigrati, l’aspetto culturale – letterario, artistico, sociologico –si pone in maggior risalto rispetto a quello puramente ‘affettivo’ o ‘di appartenenza’, permettendo a un discorso sugli studi danteschi di innestarsi con successo, come dimostra il discreto numero di dantisti australiani di estrazione anglofona.
Esordi degli studi danteschi
Per collocazione geografica, l’Australia occupa una posizione nettamente decentrata rispetto alle maggiori direttrici culturali e, nonostante l’ascendente esercitato dal più vicino sud-est asiatico, conserva ancora una stretta affinità con la società anglosassone, sulla quale ha impostato aspetti importanti quali leggi, usanze, istruzione, e quant’altro. Il mondo globalizzato ha certamente accorciato le distanze, eppure sembra permanere un distacco psicologico, a tratti orgogliosamente separatista, dell’Australia rispetto al resto del mondo ‘occidentale’. Tale situazione induce a riflettere sulla portata – quantitativa ma, soprattutto, qualitativa – dell’italianistica e, in particolare, degli studi danteschi in Australia. Anche il Nuovissimo Mondo ha potuto godere, almeno di riflesso, dell’ondata di rivalutazione dell’opera di Dante e dei classici italiani avvenuta per la mediazione dei poeti romantici inglesi nel primo, e dei Preraffaelliti nel secondo Ottocento, tanto che nel 1870, riferisce Pesman Cooper, la biblioteca pubblica di Melbourne vantava un catalogo di più di 500 testi in lingua italiana, poi raddoppiati nei dieci anni successivi.[8] Innegabilmente, tuttavia, la diffusione della lingua e cultura italiane nell’Australia di fine Ottocento, sopravanzata da quella francese, era ristretta a pochi circoli intellettuali. La cultura popolare anglo australiana, invece, si era appropriata dell’immaginario italiano come luogo teatrale, scenografico per eccellenza, attinto da Shakespeare e tramandato dai primi drammaturghi e romanzieri delle colonie australiane.[9]Non si esclude, invece, che la seconda ondata ‘dantista’, promossa da scrittori del calibro di T.S. Eliot, Ezra Pound o William Butler Yeats, abbia lasciato un solco più profondo nella ricezione del Sommo Poeta agli antipodi. Infatti, in un articolo del 2001, Diana Modesto ci racconta come l’italiano-disciplina universitaria nasca a Sydney proprio in pieno modernismo, nel 1923, su incoraggiamento di un accademico e poeta bohemien australiano di ispirazione simbolista, Christopher Brennan, un trentennio dopo l’inaugurazione delle due sedi della Società Dante Alighieri di Melbourne e Sydney, entrambe nel 1896. La prima, fondata dal console italiano a Melbourne, Pasquale Corte, ebbe come presidente un giornalista di ‘terza pagina’ australiano dal nome poco appariscente di James Smith[10]; la sede di Sydney, invece, nacque su iniziativa di un chirurgo di origini fiorentine, Thomas Henry Fiaschi.
L’interesse per Dante può essere tuttavia fatto risalire al decennio precedente: il27 novembre e il 9 dicembre 1882 il quotidiano Sydney Morning Herald pubblica due resoconti di lezioni dantesche del prof. Badham,[11]classicista, traduttore di frammenti danteschi, e allora rettore dell’Università di Sydney, accolte da un folto pubblico di 250 spettatori «raffinati e compiaciuti» (refined and appreciative).[12] Le lezioni si aggiravano su questioni che hanno sempre in qualche modo appassionato il lettore anglofono di Dante: le affinità con la poesia di John Milton; la forza di carattere del personaggio Dante di fronte alle avversità politiche del suo tempo; le motivazioni teologiche dietro la scelta di trattare in versi un argomento «ripugnante» (revolting) come i supplizi infernali; l’accento all’universalità della compassione e solidarietà umana, argomento caro ai vittoriani; l’opposizione fra la terza rima italiana e il blank verse inglese. Immancabilmente, la discussione terminava con la figura di Beatrice. Nel 1892, in un’altra lectura Dantis in ambito cattolico (il famigerato Y.M.C.A.), il reverendo O’Brien diffida dall’intendere Beatrice quale figura storica, invitando bensì a contemplarla come pura allegoria, tale da giustificare versi della Commedia che, altrimenti, apparirebbero blasfemi se attribuiti a una Beatrice ‘reale’.[13]Ad eccezione qualche arbitrio interpretativo, a distanza di più di un secolo è possibile ravvisare una continuità di temi nell’approccio accademico a Dante da parte degli studiosi australiani più recenti.
Con l’attuazione di corsi nelle principali università, a partire da Sydney (1923) e Adelaide (1927), seguìta dal diploma di laurea in italiano a Sydney, nel 1937, e a Melbourne negli anni Sessanta, un posto di primaria importanza viene riservato all’insegnamento di Dante e della Commedia quale bagaglio culturale indispensabile dell’italianista degli antipodi. Negli anni compresi fra il 1960 e il 2000le materie umanistiche hanno potuto contare su un vasto impiego di risorse finanziare e umane, grazie anche alla promozione, a partire dal 1989, delle cosiddette community languages (lingue della comunità), in un tentativo diffuso dell’amministrazione statale di sganciarsi dall’atteggiamento filo britannico tipico del ramo più conservatore della società australiana, promuovere il bi- o multilinguismo, dove l’inglese figuri come lingua madre o seconda, e aprirsi alle nuove culture migranti. L’introduzione, fin dall’istruzione elementare statale, dello studio di diciotto lingue diverse,[14] fra europee ed asiatiche, ha avuto ripercussioni sulla necessità di formare insegnanti di lingue e stabilire un percorso di studi universitari adeguato – fino a incorporarlo nel recente Master of Teaching, della durata di due anni a tempo pieno, suddiviso per grado scolastico in base all’indirizzo disciplinare del docente. L’aumento di risorse investite nella formazione accademica ha avuto come riflesso un accresciuto interesse nelle materie letterarie nel corso degli ultimi due decenni del 1900. A questo periodo risalgono anche numerosi studi su Dante da una varietà di prospettive: ecco che, nel 1999, da Margaret Baker e Diana Glenn, due docenti della Flinders University of South Australia, hanno curato un volume dal titolo Dante’s Colloquia in Australia,[15]contenente saggi prodotti dal 1982 al 1999, che delineano un quadro affascinante del progresso degli studi danteschi australiani. Quali erano gli orientamenti della ricerca australiana su Dante? Dei diciassette saggi proposti, tre sono puramente filologici; una sezione limitata si dedica ad aspetti letterari e teologici, mentre prevalgono saggi a carattere socio-politico e simbolico-metaforico. I primi si aggirano sul tema della faziosità morale e politica nell’Inferno, sulla prevalenza dell’ordine politico su quello teologico, sul patriottismo di Dante, oppure sul tema della perdita di identità e privazione dei diritti politici ed esistenziali, con richiami al Dante raccontato da Primo Levi. Una sezione considerevole è inoltre adibita al simbolismo allegorico della Commedia: il fiume Lete e la demistificazione del nesso simbolico fra fumo e peccato, l’interpretazione non cristologica del grifone, il tema dello specchio, per citare alcuni esempi.
In anni successivi, un’iniziativa di particolare rilievo filologico è stata, dal 1998 al 2010, la digitalizzazione, ad opera di italianisti australiani, sotto la direzione della professoressa Prue Shaw, del manoscritto dell’edizione critica della Comedìa di Federico Sanguineti, il cosiddetto «Stemma Sanguineti” (2001). Si tratta di una collazione, non immune da riserve,[16]di sette manoscritti successivi al Trivulziano di matrice toscana, e tratti principalmente dal manoscritto Urbinate, di tradizione settentrionale, considerata più conservatrice, ma con l’inclusione di ulteriori lezioni introdotte senza riferimenti a manoscritti noti, criterio adottato dallo stesso Petrocchi negli anni Sessanta.[17] Il progetto, nato in collaborazione con lo stesso Sanguineti allo scopo di provare la validità dello stemma, si è dimostrato invece, negli anni, un efficace strumento comparativo filogenetico che, per molti versi, confuta la lezione Sanguineti.[18] Il testo, in versione DVD e online,[19] presenta la riproduzione fotografica di parti dei manoscritti raffrontati (e il Trivulziano per intero), eccetto l’Urbinate, per motivi di copyright. Il testo viene riportato nelle diverse versioni e persino nelle successive riscritture sui manoscritti. Nonostante le critiche per la scelta ridotta dei manufatti impiegati, giustificata dai limiti stessi della digitalizzazione, la portata storico-letteraria e paleografica di questo progetto è di valore indiscutibile.
Modesto cita inoltre contributi accademici di rilievo negli ultimi trent’anni, a partire dai citati Dante Colloquia, fino alle Dante Conferences nel 2002 e 2004 a Flinders University, e nel 2003 a La Trobe University, tre appuntamenti che, purtroppo, non hanno più avuto un seguito.[20] Anche gli studi danteschi hanno incassato gli effetti di una crisi generalizzata delle discipline umanistiche e una serie di tagli operati sui bilanci delle università, a larga maggioranza statali, da parte governi negli ultimi due decenni,[21] che sembrano perseguire inesorabili l’obiettivo di privatizzare il settore, o renderlo sempre più dipendente dalle leggi del mercato e dalla pretesa spendibilità professionale di un titolo di studio, tale da mettere in ombra l’importanza formativa delle materie umanistiche. A dispetto delle circostanze, e approfittando dell’ampliamento del bacino di utenza dei corsi,[22] costosi ma non elitari, alcuni tenaci dantisti hanno saputo reinventare la loro offerta formativa in varie direzioni; vedremo quali.
Iniziative in campo universitario e non
In anni molto recenti, percorsi didattici legati al Sommo Poeta hanno dimostrato che, nonostante le ristrettezze in cui versano le materie letterarie nel quadro generale del sistema universitario, sia ancora possibile attrarre l’interesse degli studenti su tematiche dantesche. La prima iniziativa interessa la University of Western Australia di Perth, dove da cinque anni il Prof. John Kinder presiede un corso dal titolo Dante’s Comedy: a Medieval Masterpiece for our Modern World. Sebbene non sia un dantista tout-court, Kinder cerca di attualizzare il discorso del poema, focalizzandosi su Inferno e Purgatorio, nella versione originale, ma anche con l’ausilio di una traduzione – vedremo l’importanza della versione inglese della Commedia per il lettore australiano. Il corso è insegnato in inglese a un gruppo variegato di studenti, alcuni del terzo anno di italiano, altri con una pregressa conoscenza scolastica, altri ancora principianti assoluti: l’inglese risulta pertanto necessario, al fine di un approfondimento tematico del testo che, altrimenti, si ridurrebbe a una parafrasi semplificata dell’originale. Tale accorgimento può far storcere il naso al filologo, ma è piuttosto in linea con il sistema didattico interattivo australiano, in cui gli studenti hanno parte attiva nel determinare il contenuto e le modalità del corso. Sebbene l’impianto delle lezioni non si basi sulla filologia del testo, Kinder intende insegnare agli studenti a rapportarsi con il poema, incoraggiandoli a tradurre e interpretare loro stessi brani dell’originale italiano. L’approccio adottato intende quindi fare luce sulle questioni etiche universali sollevate dal poema dantesco attraverso strumenti critici suggeriti da problematiche esistenziali contemporanee. Da un lato, spiega Kinder, Dante propugna il principio medievale secondo cui tutti i fatti e fenomeni del cosmo convergono verso Dio, il cui atto di creazione è la quintessenza della razionalità del suo Creatore. D’altro lato, invece, la nostra epoca post-illuminista si fonda su un uso razionale del dubbio e dello scetticismo, che tende a suddividere l’universo e a negare questo progetto unificatore del Divino. Di fronte a queste due visioni antagoniste, Kinder, ispirandosi a Il senso religioso (1957-97) di Luigi Giussani, riesce a trovare un comune denominatore: il desiderio, quale sintesi delle due componenti essenziali dell’esistere umano, amore e libertà, tramite il quale si riescono a sfiorare le vette più eccelse della conoscenza, la quale deve passare attraverso la consapevolezza della nostra dipendenza dall’Altro da noi. In nome del desiderio, ma in segno opposto, ci è data la libertà di allontanarci dall’Altro da noi e lasciarci sprofondare negli abissi della solitudine infernale. Così Dante, dice Kinder, «non più gravato dalla sproporzione intrinseca fra la volontà e la capacità, viene completamente pervaso dal desiderio di una completa soddisfazione e così si invola di sua spontanea volontà verso il Paradiso.”[23]Il Poeta raggiunge la felicità solo dopo un viaggio ciclico, non lineare, che deve necessariamente passare per l’inferno come scoperta di sé, dei propri limiti umani e del bisogno dell’altro. Solo attraverso la conoscenza di noi stessi scopriamo di non appartenerci, ma di essere per l’Altro. Tale approccio etico aconfessionale all’opera dantesca alla luce dei valori e disvalori odierni appare come una presa di posizione alquanto distante da una presunta obiettività laica con la quale ci si rapporta spesso con la didattica del poema.
Lo stesso Kinder, in collaborazione con Diana Glenn, ha recentemente pubblicato una collezione di saggi dal titolo Legato per amore in un volume in riconoscimento del contributo agli studi danteschi di John A. Scott, la cui opera Perché Dante?,[24]una delle introduzioni più esaustive e affascinanti all’opera completa del poeta, ha visto pubblicata la seconda edizione. Scott, accademico formatosi ad Oxford, e passato poi a Berkeley, Reading e, infine, alla University of Western Australia, alterna a un’indagine analitica di aspetti dell’opera di Dante, compresi i testi “minori”, temi di più ampio respiro, quali la questione della grazia divina, delle correnti del pensiero politico fiorentino, dell’avarizia all’epoca di Dante[25], o argomenti provocatori, come negli articoli «Dante ha rivisto il testo dell’Inferno nel 1314?»[26] o «Una contraddizione scientifica nell’opera dantesca».[27]Purtroppo va rilevato che le nuove generazioni di accademici australiani non sembrano per ora aver raccolto la sua eredità multidisciplinare.
La seconda offerta didattica su Dante, presso la Melbourne University, si focalizza anch’essa sull’Inferno, promuovendo un corso, insegnato dal Dott. Simon West e dal Prof. Stephen Kolsky, dal titolo To Hell with Dante (all’inferno con Dante), un gioco di parole con l’imprecazione to hell withit («al diavolo»). Il corso si rivolge a una compagine di circa 20-25 studenti con livelli eterogenei di conoscenza dell’italiano. La struttura della lezione segue il profilo di una lettura dantis, con il proposito di illustrare il mondo poetico di Dante, seppur con un apparato critico più ridimensionato, trattandosi di una materia complementare. Il corso fa uso di più traduzioni per integrare le varie versioni a fini critici – come accennato in precedenza, si tratta di uno degli aspetti che caratterizzano l’insegnamento della Commedia in una realtà anglofona.
Un discorso a parte merita infine la Società Dante Alighieri. Nata come associazione culturale, nel 1925 assume a Sydney una chiara connotazione politica, promuovendo il regime fascista grazie al presidente, Antonio Baccarini, contemporaneamente docente di italiano presso l’università di Sydney. Scorrendo i giornali dell’epoca,[28] è possibile evidenziare una componente elitaria dei partecipanti alle attività, che spaziano da ricevimenti di militari a tornei di bridge, concerti e conferenze su Carducci, Ariosto, Leopardi – pochissime, a dire il vero, su Dante Alighieri. Per dieci anni Baccarini si fa zelante promotore della politica estera di Mussolini, sebbene, come sostiene Cresciani, il suo obiettivo fosse non tanto di indottrinare la comunità dei migranti italiani, quanto di attrarre le simpatie dell’intelligentsia anglo-australiana, con un certo successo, pur non riuscendo a stabilire alleanze con la locale destra politica.[29]Non stupisce, pertanto, che la presenza di associazioni italiane in questi anni fosse oggetto di diffidenza e apprensione (lo stesso Baccarini verrà internato come nemico dell’impero britannico dal 1940 al 1944). Nel contempo, è del 1925 il famigerato resoconto della Ferry Royal Commission del Queensland, che sanciva l’inferiorità ‘razziale’ e la pericolosità sociale degli italiani originari delle regioni meridionali e, in generale, di ogni ‘razza’ sudeuropea.[30]
In seguito, grazie alla riforma dello statuto della Dante a livello internazionale, nel 1948, la Società ha saputo distinguersi per un’impronta non politicizzata e più aperta alla comunità, istituendo corsi di italiano per studenti delle superiori o per adulti, aprendosi a un’utenza più variegata, raggiungendo così l’apice delle presenze negli anni Sessanta. Negli ultimi anni, inoltre, il neo-gruppo Dante Giovani presso la Dante Alighieri di Melbourne, per esempio, ha saputo riproporre, dopo alcuni anni di stasi, una serie di lezioni sull’opera di Dante per un pubblico assortito. Un promettente accademico dell’università di Melbourne, Nicholas Sgro-Traikovski, ha tenuto corsi presso la Dante sulle figure femminili, Le donne del Purgatorio (2016), Le donne dell’Inferno (2017), Le donne del Paradiso (2018), oltre al recente L’amore nella Vita Nuova (2020), quest’ultimo con la lettura integrale del testo – in italiano con traduzione a fronte. Le lezioni trattano argomenti accattivanti in grado di sollevare discussioni sul modo di intendere il sentimento amoroso in Dante e il confronto con la contemporaneità e le questioni di gender che stanno rivoluzionando le nostre prospettive su emozioni e sessualità. Al riguardo, Sgro-Traikovski ha altresì ideato una dispensa che raccoglie scritti di dantiste quali Diana Glenn, Dorothy L. Sayers e Teodolinda Barolini. La composizione dei partecipanti, in numero di circa quindici-venti persone, è alquanto variegata e comprende madrelingua italiani e non, con fasce di età variabili, dallo studente universitario a persone di età più avanzata. Le lingue di insegnamento sono l’italiano e l’inglese, a seconda delle necessità dei discenti. La lezione è alquanto interattiva e consta di un lavoro di interpretazione di brani del testo in gruppi e la condivisione con il resto della classe; le questioni di comprensione del testo italiano occupano soltanto una breve componente della lezione, non trattandosi di un approccio strettamente filologico o testuale. Il docente descrive qui brevemente gli aspetti che più colpiscono i suoi studenti:
Secondo me, l’aspetto mitico-mistico-fantastico del viaggio nell’aldilà è la cosa della Commedia che li colpisce di più. Anche la modernità del pensiero di Dante e la possibilità di identificarsi con lui colpiscono (ad es. le polemiche contro la Chiesa, l’umorismo a volte osceno). Della Vita Nuova, ha colpito senz’altro l’imbarazzo adoloscenziale del giovane Dante in presenza di Beatrice.[31]
Imperfette traduzioni
Come ci ricorda Modesto, Dante ha avuto un suo traduttore in Australia fin dagli albori della federazione: Sir Samuel Griffith, premier del Queensland e per anni magistrato dell’alta corte australiana. Tra il 1908 e il 1911[32] tradusse, nei ritagli di tempo, le tre cantiche, poi pubblicate a spese del traduttore, e con un mediocre successo di vendite, da Oxford University Press con il sottotitolo «literally translated into English». Come spiegato dallo stesso Griffith, a scanso di critiche, la sua traduzione rende il testo italiano alla lettera, secondo il gusto vittoriano, per dare «una fotografia veritiera dell’originale»,[33] pur sacrificando la rima e rifacendosi al pentametro giambico, o blank verse inglese. Un giudice traduttore di Dante non è una novità: già undici su trentatré traduttori britannici del Sommo Poeta nel 1800 erano magistrati.[34]Sulla scia di molti intellettuali di ceto medio-alto trasferitisi dall’Inghilterra in Australia per ruoli politici o amministrativi, anche Griffith si pone quale promotore della cultura ‘alta’ europea, accostando un’opera dalla portata universale, consolidatasi nell’Ottocento, dopo secoli di accese diatribe antidantesche. In questo senso, va rilevato come gli esuli italiani in Europa prima dell’unificazione si fossero allontanati da una lectura dantis nostrana spesso improntata su mere disquisizioni filologiche e si dedicassero sempre più a temi e contenuti, alla «lezione di cose valide e importanti per uomini seriamente pensosi di sé», come si esprime il Dionisotti.[35] In misura molto ridotta, ma comunque rilevabile, gli esuli italiani in Australia per motivi politici fra il 1830 e il 1848[36]dimostrarono una sensibilità simile nei confronti del ‘culto di Dante’, interloquendo con gli studiosi anglofoni, e alimentando una visione della letteratura come funzionale al progetto unitario italiano.
In un intervento in risposta a un articolo sulla città di Cordova e l’influenza araba in Spagna,[37] in cui si accenna alla descrizione della Croce del Sud in Purgatorio 1, un lettore particolarmente perspicace, certo George Collingridge,[38] esprime dubbi sulla traduzione del sopra citato Badham per aver reso, per amor di rima, «non visto mai fuor ch’alla prima gente» (Purgatorio, I, 24) con «known to our race before the great exile»[39] (conosciuto alla nostra stirpe prima del grande esilio), alludendo alla «prima gente» quale Adamo ed Eva, cacciati dal Paradiso Terrestre. Il motivo di biasimo alla traduzione da parte di Collingridge consiste nel fatto che, assodata la conoscenza di Averroè da parte del Sommo Poeta, quest’ultimo non solo abbia appreso dalla cultura araba dell’esistenza della Croce del Sud, ma che intenda indicare questa «prima gente» quale il primo germe del genere umano alla vigilia del diluvio universale. Pare di leggere fra le righe una rivendicazione dei popoli dell’emisfero sud a essere riconosciuti come culla della civiltà – Collingridge era egli stesso un intellettuale controcorrente, in questo emulo di Dante: in una sua opera di alcuni anni prima, infatti, Collingridge aveva avanzato la teoria che l’Australia fosse stata scoperta dai portoghesi nel xvi secolo. Da queste considerazioni spassionate e senza pretesa di arguzia filologica sembra di cogliere la libertà di giudizio, a volte piuttosto eterodossa, ma comunque vivace, del pubblico australiano nei confronti del ‘mostro sacro’ Dante, una libertà che sembra mancare, per soggezione storica, fra i non addetti ai lavori italiani.
Su uno stesso piano di audacia si muove la recente traduzione della Commedia per mano di uno scrittore e poeta australiano, Clive James, che ha proposto un accostamento decisamente più poetico e meno accademico al testo. James cerca di seguire la struttura ritmica, se non la terza rima, molto difficile da mantenersi in inglese, accentuando le assonanze interne al verso, reso comunque con quartine in blank verse e un distico risolutivo alla fine di ogni canto. Allo stesso tempo, però, soprattutto nell’Inferno (Hell nella sua versione inglese), lo stile compatto di Dante viene sciolto e molto spesso stemperato, e numerose glosse diventano parte del testo, onde evitare l’introduzione di note a piè di pagina. Lo stile adottato è piuttosto accattivante, carico di pause e enjambement, concede poco o nulla ad arcaismi, senza però scadere in anacronismi, come evidenzia l’inizio dell’Inferno:
At the mid-point of the path through life, I found
Myself lost in a wood so dark, the way Ahead was blotted out. The keening sound I still make shows how hard it is to say How harsh and bitter that place felt to me— Merely to think of it renews the fear— So bad that death by only a degree Could possibly be worse. […][40]
|
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita.Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!Tant’è amara che poco è più morte; |
L’immediatezza visiva e fonologica delle «rime aspre e chiocce» di Dante viene spesso resa da James attraverso l’uso dei phrasal verbs e del gergo quotidiano (“blotted out”; “harsh”, “so bad”), espressioni che non sono necessariamente attribuibili all’inglese moderno, altresì ad un socioletto diacronico medio-basso, ma che certamente non rientrano nel vocabolario aulico tipico di un traduttore dantesco. James, come evidenzia Joseph Luzzi,[41] appare molto più convincente quando si cimenta nelle atmosfere più rarefatte del Purgatorio e del Paradiso, che il traduttore, concentrandosi sulla lingua poetica piuttosto che su questioni dottrinali e teologiche, riesce a rendere più accessibile al lettore inglese. Per esempio,Purgatorioi, 19-24:[42]
The sweet clear tint of sapphire in the east
Gathered to make serene the sweep of sky From zenith to horizon. It released The gladness in my glance again, for I Had weathered the dead air that never ceased To weigh down on my heart, and hurt my eyes.
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Dolce color d’orïental zaffiro, che s’accoglieva nel sereno aspetto del mezzo, puro infino al primo giro, a li occhi miei ricominciò diletto, tosto ch’io usci’ fuor de l’aura morta che m’avea contristati li occhi e ’l petto. |
Nell’introduzione al testo, James puntualizza di aver rispettato il principio dantesco di far rimare Christ solo con se stesso e lamenta di non essere stato in grado di concludere le tre cantiche con la parola stars, per difficoltà di escogitare una rima adeguata, ma precisa di aver comunque collocato la parola all’interno del verso finale. La dedica della traduzione di James alla moglie, Prue Shaw, dantista di fama internazionale, di cui si è accennato sopra, appare non solo come l’ultimo lascito del poeta, ma riprone su basi nuove il sodalizio fra il Dante erudito e il Dante poeta.
Per concludere, il contributo critico-didattico offerto dai cultori di Dante in Australia, a livello di associazione, scuola di lingua o corso universitario, seppure esiguo rispetto ad altre realtà, rimane comunque una testimonianza rilevante della tenaciacon la quale la comunitàlocale e gli estimatori della lingua e cultura italiana divulgano e fanno apprezzare uno dei suoi protagonisti indiscussi.
Bibliografia
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[1] Nel 1976 il numero degli italiani ammontava a 270000, al netto dei rientri in patria di 90000 migranti dal 1947 al 1976. Si veda: Stephen Castles,«Italians in Australia: The Impact of a Recent Migration on the Culture and Society of a Postcolonial Nation», inThe Columbus People: Perspectives in Italian Immigration to the Americas and Australia , ed. da Lydio F. Tomasi, Piero Gastaldo, and Thomas Row,Center for Migration Studies, New York 1994, p. 346, citato in Francesco Ricatti, Italians in Australia: History, Memory, Identity, Springer, New York 2018, p. 27. Secondo il censimento del 2016, Melbourne conta 63332 italiani per nascita a Melbourne, la città con la più alta componente italiana; il 70% è di età superiore ai 65 anni. https://www.theage.com.au/national /victoria/census-2016-results-melbourne-losing-its-italian-flavour-as-migrants-age-20170628-gx0eeb.html.
[2] Immagini tratte da https://studentvip.com.au/la-trobe/melbourne/maps/121551. Il monumento è iscritto all’elenco statale dei beni di interesse culturale e artistico. Link: https://vhd.heritagecouncil.vic.gov.au/places/ 66789.
[3]E. E. A. Slarke– Centro dantesco dei Frati minori conventuali di Ravenna, Dante in Australia : trenta artisti Australiani contemporanei interpretano Dante Alighieri, sotto l’alto patronato del Presidente della Republica. Ravenna 1 Aprile – 30 Settembre 1993 Chiostri Francescani g.c. dalla Cassa di Risparmio di Ravenna, Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali, Ravenna 1993.
[4]https://www.ngv.vic.gov.au/collection/international/print/b/blake/dante.html
[5] Michael Curtotti, «Dante Alighieri in the Wide Brown Land», versione ampliata di un intervento registrato presso la Società Dante Alighieri di Canberra il 22 marzo 2020 (primo Dantedì nazionale), pubblicato il 25 Marzo 2020, pp. 11-12. Link: http://danteact.org.au/wp-content/uploads/2020/03/Dante-and-His-Influence-in-Australia-final.pdf
[6] Australian Bureau of Statistics, «2016 Census Quick Stats». Link: https://quickstats.censusdata.abs.gov.au/ census_services/getproduct/census/2016/quickstat/036.
[7] Margherita Angelucci e Laura Egan, «Let’s make Italian the language of the future», inIl Globo, 12 febbraio 2019. Si veda inoltre il dossier in occasione degli Stati Generali della Lingua italiana nel mondo, L’italiano nel mondo che cambia – 2019, edito dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Palazzo Firenze, 9 ottobre 2019, p. 8. (https://www.linguaitaliana.esteri.it/novita/documenti/content/70/allegato.do).
[8] Roslyn Pesman Cooper, «Sir Samuel Griffith, Dante and the Italian Presence in Nineteenth-Century Australian Literary Culture», in Australian Literary Studies, vol. 14, no. 2, 1989, p. 206 (https://doi.org/10.20314 /als. 401a36f6fa).
[9] Più che di italian literature, si parla di italianate, per intendere un gusto o stile italiano, filtrato da occhi inglesi. R. Pesman Cooper, art. cit., pp. 202-203.
[10] Alan Mayne, Reluctant Italians? One Hundred Years of the Dante Alighieri Society in Melbourne. 1896-1996 (Melbourne: Dante Alighieri Society, 1997) pp. 20 e 24.
[11] Wilma Radford, «Badham, Charles (1813–1884)», in Australian Dictionary of Biography, National Centre of Biography, Australian National University, Canberra 1969. Link: http://adb.anu.edu.au/biography/badham-charles-2915/text4203.
[12]«Dr. Badham’s Lecture on Dante», inSydney Morning Herald, 27 novembre 1882, p. 10 (https://trove.nla.gov.au/newspaper/article/13524497)e «Dr. Badham on Dante», inThe Sydney Morning Herald, 9 dicembre 1882, p. 12 (https://trove.nla.gov.au/newspaper/article/13523459).
[13]«Lecture on Dante», inThe Sydney Morning Herald, 5 novembre 1892, p. 7 (https://trove.nla.gov.au /newspaper/ article/13885125).
[14] Joseph Lo Bianco, «Brief Outline of the Australian Language Policy Experience», Interagency Language Roundtable, p.5. Link: https://www.govtilr.org/Publications/ILR_papers01.htm.
[15] Margaret Baker e Diana Glenn (a cura di), Dante’s Colloquia in Australia, Australian Humanities Press, Adelaide 2000.
[16] Si veda, ad esempio, Giorgio Inglese, «Per lo ‘stemma’ della “Commedia” dantesca. Tentativo di statistica degli errori significativi», in Filologia italiana, 4, 2007, pp. 51-72. Link: https://www.academia.edu/7413206/stemma _commedia
[17] Si veda al riguardo, la disamina di Andrea Canova, «Il testo della Commedia dopo l’edizione Petrocchi», in Il centro e il cerchio. Convegno dantesco, Brescia, Università Cattolica, 30-31 ottobre 2009, a cura di Cristina Cappelletti, Fabrizio Serra editore, Pisa, Roma 2011, p. 69.
[18] Shaw chiarisce, attraverso la comparazione digitale, che il manufatto Rb (Biblioteca Riccardiana di Firenze) procede dall’Urbinate e non è quindi un manoscritto α, come sostenuto da Sanguineti.
[19] Link alla versione online: http://sd-editions.com/AnaServer?commediaonline+0+start.anv+stype=intro
[20] Diana Modesto, «Dante all’altro polo: Dante Studies in Australasia», in Dante Studies, with the Annual Report of the Dante Society, No. 119, The Johns Hopkins University Press, Baltimore 2001, p. 205.
[21] Si vedano le riforme attuate a partire dagli anni Ottanta. Nel 1985 il governo liberale stabilì la creazione di un Waste Watch Committee (comitato di vigilanza sugli sprechi) che andò a colpire iniziative di ricerca o accademiche considerate prive di pubblica utilità (si veda: https://biography.senate.gov.au/baume-michael-ehrenfried/). In anni più recenti (2005, 2017 e 2018), la dirigenza liberale ha influito sul diniego di almeno undici progetti di ricerca promossi dall’Australian Research Council (consiglio delle ricerche australiano) perché considerati superflui e inutili per i contribuenti australiani. Recentissimo il rifiuto del governo di lanciare una politica di aiuti economici alle università afflitte dagli effetti della pandemia, privilegiando altri ambiti, sebbene i proventi del settore universitario figurino tra le voci di bilancio più importanti dell’economia australiana.
[22] Gavin Moodie, «Why is the Australian Government Making the Universities Suffer?», in The Conversation, 19 maggio 2020. Link: https://theconversation.com/why-is-the-australian-government-letting-universities-suffer-138514.
[23] John Kinder, «Dante turns 750: His Medieval Masterpiece and our Modern Search for Meaning», inAustralian eJournal of Theology 23.1 (April 2016), p. 5, traduzione mia: «No longer weighed down by the structural disproportion between his will and his capability, he is filled completely with the desire for complete satisfaction and so flies upwards of his own accord towards Paradise.»
[24]John Scott, Perché Dante?, Aracne Editrice, Roma 2010.
[25] Scott è promotore di quella branca di studi umanistici detta the history of emotions, alquanto frequentatanell’ambito accademico angloamericano.
[26] John A. Scott, «Dante ha rivisto il testo dell’Inferno nel 1314?» in J. Scott e G. Rizzoni, ed.,in Studi Danteschi: Pubblicati Dalla Società Dantesca Italiana, 76(2011), pp. 115-128.
[27]John A. Scott, «Una contraddizione scientifica nell’opera dantesca», in Boyd, P. Russo, & V. (a cura di), Dante e la Scienza (Vol. 1), Longo, Ravenna 1995, pp. 149-55.
[28] Si veda, quale esempio piuttosto rappresentativo, «L’assemblea generale della Dante», in Il giornale italiano, Sydney, 10 aprile 1935, p. 2 (https://trove.nla.gov.au/newspaper/article/83039741).
[29] Gianfranco Cresciani, Fascism, Anti-Fascism and Italians in Australia 1922-1945, Australian National University Press, Canberra, Londra e Trumbull 1980 pp. 37-39 (https://openresearch-repository.anu.edu.au/bitstream/ 1885/114715/2/b1209190x.pdf). Il 1925 non fu l’anno di nascita della Dante a Sydney, ma fu senz’altro un momento di svolta nella gestione delle sue attività culturali.
[30] Si veda Catherine Dewhirst, «The “Southern Question” in Australia: The 1925 Royal Commission’s Racialisation of Southern Italians» in Queensland History Journal, Volume 22, No. 4, Febbraio 2014, p. 317. Link: https://core.ac.uk/download/pdf/19580163.pdf.
[31]Da una corrispondenza con Nicholas Sgrò-Traikovski, 12 giugno 2020.
[32]R. Pesman Cooper, «Sir Samuel Griffith, Dante and the Italian Presence in Nineteenth-Century Australian Literary Culture» cit. p. 199. Nel 1914 Griffith completerà anche una traduzione della Vita Nuova.
[33] R. B. Joyce, «Griffith, Sir Samuel Walker (1845–1920)», in Australian Dictionary of Biography, National Centre of Biography, Australian National University, (http://adb.anu.edu.au/biography/griffith-sir-samuel-walker-445/ text11119 ), prima edizione 1983.
[34] R. Pesman Cooper,op. cit., p. 211.
[35] C. Dionisotti, «Varia fortuna di Dante», in Geografia e storia della letteratura italiana, Torino: Einaudi, 1999, p. 278. Dionisotti osserva come la fortuna di Dante fosse dapprincipio la risposta dell’anti-romanticismo italiano a modelli letterari di provenienza nordeuropea.
[36] P. Corti e M. Sanfilippo, L’Italia e le migrazioniLaterza, Roma, Bari2012. Il censimento del 1881 individuava soltanto 521 italiani in Australia, costituiti soprattutto da missionari ed esuli politici.
[37] A. B. Piddington, «Cordova», inThe Sydney Morning Herald, 5 luglio 1913, p. 5. Link: https://trove.nla.gov.au/ newspaper/article/15433223?searchTerm=dante%20and%20cordova&searchLimits=.
[38] G. Collingridge, «Dante and the Southern Cross», inThe Sydney Morning Herald, 23 luglio 1913, p. 16 (https://trove.nla.gov.au/newspaper/article/15437749).
[39] Citato in epigrafe a un capitolo dallo stesso Collingridge inCollingridge, The discovery of Australia: A critical, documentary and historic investigation concerning the priority of discovery in Australasia by Europeans before the arrival of Lieut. James Cook, in the «Endeavour,» in the year 1770. Sydney: Hayes brothers, 1895, p. 9.
[40] Dante Alighieri, The Divine Comedy, trad. di Clive James, Picador, London 2013, p. 3. La versione Italiana è tratta dall’edizione Petrocchi. Link: https://digitaldante.columbia.edu/dante/divine-comedy.
[41] Joseph Luzzi, «This Could Be “Heaven,” or This Could Be “Hell”», inNew York Times Book Review, Apr 21, 2013, p. 13.
[42] Dante Alighieri, op. cit., p. 175. La traduzione, come accade spesso in James, tende ad ampliare il testo originale rendendo esplicito; in questo caso, il mito delle Piche figlie di Pierio, trasformate in gazze da Calliope: il brano traduce infatti i versi 13-18 del testo dantesco.
Luigi Gussago è docente di letteratura italiana alla Monash University di Melbourne, Australia.